Mutui e affitti, lo stress test sull’inflazione lo vince il mutuo fisso
6 ott 2025 | 7 min di lettura | Pubblicato da Cristina B.

Cosa succede, quando l’inflazione cresce, ai costi delle case? È preferibile intraprendere la strada del mutuo o è meglio mantenere la scelta di pagare un affitto?
Una ricerca di Facile.it ha preso in esame quattro città campione (Milano, Torino, Roma, Napoli) analizzando i due parametri del costo della rata e il canone di locazione nell’arco di 20 anni.
Le ripercussioni dell’inflazione
Dal 2021, in Europa, l’andamento dell’inflazione tiene con il fiato sospeso gli Stati e inevitabilmente i cittadini. Il suo fluttuare comporta delle ripercussioni sul benessere economico, sulla pianificazione delle spese, sulla costruzione dei risparmi, e non risparmia neanche una tra le scelte più importanti, l’acquisto o meno di una abitazione.
La Banca Centrale Europea (BCE) negli ultimi anni ha attuato una politica sul costo del denaro proponendo una serie di aumenti dei tassi di interesse per ridurre l’inflazione a doppia cifra, con l’obiettivo di arrivare a quota 2%. Una volta raggiunto l’obiettivo, si è optato inizialmente per una riduzione, e ora per una fase di stabilità.
Durante periodi di inflazione elevata, il valore del denaro in un certo senso diminuisce, perché aumentano i prezzi e si contrae il potere di acquisto. Allo stesso tempo, però, anche il valore reale del debito subisce una diminuzione, se messo a paragone con la crescita generalizzata dei prezzi. Un eventuale indebitamento, dunque, potrebbe anche essere più sostenibile, ma a condizione che anche il reddito del debitore segua l’aumento dell’inflazione, altrimenti si innesta un rischio di impoverimento.
Come maturare, di fronte a questo scenario, una scelta con una prospettiva sulla casa, quindi?
Inflazione e affitti
In contesti di inflazione crescente, i canoni di affitto tendono ad aumentare, perché soggetti a una rivalutazione basata sull’indice dell’Istat. Una protezione in questo senso può essere rappresentata dagli affitti conclusi con la cedolare secca, in cui c’è una sorta di canone bloccato, ma altrimenti il proprietario potrebbe anche procedere ad aggiornare il canone mensile in base all’indice di inflazione.
Il rapporto OMI - Agenzia delle Entrate, nell’ultimo report sul primo trimestre 2025, ha evidenziato una crescita nei contratti di affitto ma soprattutto nei canoni. Le abitazioni in affitto crescono dell’1,5% e sono 238 mila gli immobili di nuova locazione. Crescono i contratti ordinari transitori e per quelli agevolati a canone concordato e agevolati per studenti, il solo dato in calo riguarda le abitazioni locate con contratto ordinario di lungo periodo. Crescita più sostenuta per il canone annuo complessivo dei nuovi mercati: un +5,3% su base tendenziale.
Infine, come riporta FiscoOggi, le locazioni delle abitazioni nelle due metropoli di Roma e Milano raccontano due realtà in espansione. Il mercato di Roma registra circa 12mila abitazioni locate, in aumento del 2%, a fronte di una crescita del canone annuo pattuito del 7,4%. Il mercato di Milano, invece, segna un incremento del 5%, con più di 12.600 abitazioni locate e un canone annuo complessivo in aumento del 6,5%.
Gli esempi di Milano, Torino, Roma e Napoli
L’analisi di Facile.it si basa sui dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e ha preso in visione le informazioni che vanno dal periodo 2014 al 2024 (II semestre), aggiungendo poi una proiezione fino al 2034, per le città di Milano, Torino, Roma e Napoli.
I parametri presi in esame sono stati la rata di un mutuo a tasso fisso contro il costo mensile dell’affitto. La rata è stata calcolata considerando la media dei tassi IRS a 30 anni del secondo semestre per il periodo di riferimento (2014 e 2024), a cui per ottenere il TAN è stato aggiunto uno spread fisso del 0,20%, in modo da poter comparare i due periodi.
Il mutuo considerato ha quindi le seguenti caratteristiche:
- TAN = IRS 30 + 0,20%
- Durata = 30 anni
- Loan to Value = 80% del valore totale dell’immobile
Per le proiezioni relative all’affitto, invece, si è fatto ricorso alla media del costo di locazione minimo e quello massimo per i due periodi considerati. Per ottenere il costo dell’affitto stimato dopo 10 anni, è stata calcolata la variazione percentuale del costo di locazione tra il 2014 e il 2024, per poi applicarla al costo del 2024 e ottenere il costo del 2034.
Gli immobili considerati in entrambi i casi sono trilocali di 100mq. Il costo dell’immobile è stato ottenuto con una media del costo di acquisto minimo e quello massimo per i due periodi considerati.
Le prime considerazioni: per Milano, l’affitto è aumentato del 42% in 10 anni, per Torino del 16%, per Roma è diminuito del 4%, mentre per Napoli è aumentato del 22%, a causa dell’inflazione.
La riflessione immediata è che il tasso fisso protegge da questa variazione al rialzo che si registra sugli affitti a causa dell’inflazione, il cui valore medio tra il 2014 e il 2024 si aggira intorno al 19% (Dati ISTAT, elaborati tramite il servizio Rivaluta https://rivaluta.istat.it/).
Ipotesi Milano: con l’affitto una perdita di oltre 700 mila euro
A Milano, un trilocale, nel 2014, con i parametri indicati sopra, ha avuto un costo di 400.801,28€. In questo caso, la rata del mutuo da sostenere sarebbe stata di 1.198,02€.
La rata dell’affitto sarebbe stata invece di 1.266,03€, dunque già nella spesa mensile si determina un vantaggio del mutuo rispetto all’affitto di 68,01€ al mese.
Ma cosa succede all’affitto nel 2024? L’affitto arriva a quota 1.801,70€, mentre la rata del mutuo resta sempre la stessa. Il delta di risparmio del mutuo si amplia dunque a ben 603,75€.
Spingendo le proiezioni fino al 2034, e considerando anche l’anticipo del 20% per la parte non coperta dal finanziamento, l’acquirente ha speso 367.685,06€ per un immobile che dopo 20 anni ne vale 785.673,39€ (a fronte dei 400 mila euro circa a cui lo aveva acquistato), con un potenziale guadagno di 417.988,30€. L’affitto invece sarebbe costato leggermente di più (368.135,27€), ma bisogna considerare anche il mancato utile dato dal valore dell’immobile, che in questo caso non si possiede, per una “perdita” complessiva di 786.123,57€.
Ipotesi Torino: l’affitto vola da 803 a 1.074€
Nello scenario ipotizzato a Torino, una casa comprata nel 2014 per 232.734,38€, dopo 20 anni arriverebbe a valere 248.806,65€. Nel frattempo, per il mutuo sarebbero stati pagati complessivamente 213.505,28€, mentre l’affitto, per lo stesso periodo, avrebbe comportato una spesa di 207.815,63€, con tuttavia una perdita potenziale di 243.117,56€ considerando il valore acquisito dall’immobile negli anni. Come esborso mensile, la rata del mutuo sarebbe rimasta fissa a 695,66€, a fronte di un affitto partito a 803,05€ e arrivato, nel 2024, a 928,75€, per ulteriormente aumentare in proiezione a 1.074,13€ nel 2034.
Ipotesi Napoli: minor rivalutazione nel corso del tempo
Il caso di Napoli è più particolare, perché si assiste a una svalutazione dell’immobile nel corso del tempo. Un immobile comprato nel 2014 per un costo di 237.666,67€, infatti, nel 2024 vale 234.149,72€. La rata del mutuo in questo caso sarebbe stata di 710,40€, mentre l’affitto sarebbe partito da una base più bassa, 584,25€. Cosa sarebbe successo poi nel 2024? Il mutuo sarebbe rimasto invariato, mentre l’affitto avrebbe toccato quota 712,05€, con la prospettiva di arrivare a 867,80€ nel 2034.
Tuttavia, pur considerando la leggera svalutazione dell’immobile, anche in questo caso, considerando il nuovo valore della casa, si avrebbe un saldo positivo a favore del proprietario di 16.120,25€ (234.149,72€ - 218.029,33€ di costi sostenuti per il mutuo), rispetto a una potenziale perdita con l’affitto pari a 171.676,15€.
Ipotesi Roma: canoni in calo ma mai sotto la rata del mutuo
A Roma una casa acquistata nel 2014 a 328.219,18€ varrà, nel 2034, 362.251,71€*. In questo caso la rata del mutuo ammonterà a 981,07€, arrivando a far spendere 301.100,64€ dopo 20 anni. L’affitto sarebbe partito, invece, a un canone mensile di 1.197,05€, con una flessione nel 2024 a 1.144,55€, finendo nel 2034 a 1.094,35€, in controtendenza rispetto alle altre città.
Le proiezioni, dunque, evidenziano sì un calo dei canoni di locazione, ma mai al di sotto della rata del mutuo: in questo scenario la perdita di valore tra spesa complessiva in canoni e mancato valore dell’immobile di proprietà sarebbe pari a 342.144,17€.
*Per calcolare il valore dell'immobile dopo 20 anni di Roma, è stata considerata la variazione degli ultimi due anni, in quanto è l'unica città che è andata incontro ad una fluttuazione delle quotazioni immobiliari in controtendenza rispetto al resto d'Italia. Questo valore, in crescita, è del 24,32%. Anche l'affitto è controtendenza.
I risultati dell’analisi
Tirando le somme, quindi, un mutuo, soprattutto se a tasso fisso, può rivelarsi una protezione rispetto alla dinamica di aumento dei prezzi dovuta all’inflazione. Il canone di affitto, invece, subisce l’aumento del prezzo, senza peraltro proteggere l’investimento con il conseguimento della proprietà.
L’immobile acquistato, nel tempo e ancor di più in scenari di inflazione, aumenta il suo valore, mentre un aumento dei prezzi legato a un incremento del costo della vita comporterà richieste più elevate per i canoni di affitto.
Il risultato che emerge, dunque, vede una netta convenienza del mutuo rispetto all’affitto. Al termine del percorso, con il mutuo si ha una proprietà rivalutata in misura maggiore del costo sostenuto nel tempo. L’affitto, invece, “costa” di più e non permette nemmeno di ottenere la proprietà: è in sostanza un impiego di denaro a fondo perduto.

Giornalista professionista dal 2004 e vicecaporedattore per ItaliaOggi, scrive del Fisco in ogni sua forma. Ha fatto incursioni su Classcnbc e Tgcom per raccontare le novità di manovra di bilancio, sanatorie fiscali e storie di elusione.
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