9 giu 2021 | 4 min di lettura | Pubblicato da Castiglia M.
Il pignoramento della casa avviene quando un debitore non riesce più a onorare gli impegni finanziari presi e il creditore avvia le procedure esecutive che, solitamente, si concludono con una vendita all’asta dell’immobile affinché, con il ricavato, il creditore possa rientrare in tutto o in parte delle sue spettanze.
Uno dei casi più comuni si verifica quando non si pagano le rate del mutuo e la banca chiede il pignoramento dell’immobile sul quale è stata iscritta l’ipoteca. Ma non solo.
Qualsiasi creditore può dare avvio a una procedura esecutiva: una banca, un privato o l’Agenzia delle Entrate, sebbene quest’ultima lo possa fare solo a determinate condizioni come previsto dalla legge 98/2013.
Anche la prima casa, cioè l’abitazione nella quale si vive abitualmente, può essere pignorata dalla banca o da altri soggetti privati che vantano dei crediti. L’avvio delle procedure può avvenire qualunque sia l’entità del debito contratto. Se però si ha un debito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate le cose cambiano.
Si dice che il Fisco non possa pignorare la prima casa ma va chiarito che la definizione di prima casa, qualora il creditore sia lo Stato, cambia di significato.
Abitualmente con i termini ‘prima casa’ si intende l’abitazione principale, ovvero quella in cui si risiede abitualmente e dove si ha la residenza anagrafica. Parlando però di Agenzia delle Entrate e pignoramenti l’espressione assume un significato diverso.
Più precisamente, come ‘prima casa’ si intende infatti l’unica abitazione di proprietà. Questo significa che se si è proprietari di più immobili, il Fisco può pignorare anche l’abitazione principale. E’ però importante sapere che l’Agenzia delle Entrate può procedere al pignoramento solo se:
il debito nei confronti del Fisco supera i 120mila euro;
il valore totale degli immobili di proprietà è di almeno 120mila euro;
prima di procedere dà al debitore la possibilità di rimborsare il debito ratealmente.
L’immobile è invece impignorabile se sussistono contemporaneamente le seguenti condizioni:
l’immobile è l’unico di proprietà del contribuente;
non è di lusso;
è residenza anagrafica del debitore;
è accatastato come civile abitazione
Il debitore ha 60 giorni di tempo dalla notifica delle cartelle esattoriali per rimborsare il dovuto. Se ciò non avviene e il debitore non si è opposto, l’Agenzia delle Entrate può iscrivere un’ipoteca sull’immobile, ma può farlo solo se il debito ammonta ad almeno 20mila euro. L’agente della riscossione ha l’obbligo di notificare al debitore il preavviso di iscrizione dell’ipoteca 30 giorni prima che la stessa venga effettuata.
Trascorsi sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca senza che il debito venga onorato, il Fisco può avviare le procedure per il pignoramento della casa.
Il pignoramento della casa, anche se è l’unica di proprietà del debitore, e anche se ipotecata, è sempre possibile se il creditore è un privato: tanto che sia persona fisica, quanto che si tratti di persona giuridica come banche, finanziarie o altre società.
Tuttavia, per poter procedere è necessario che il creditore sia in possesso di un titolo esecutivo. Ad esempio, un decreto ingiuntivo, una sentenza emessa da un Giudice o una cambiale.
Il procedimento è lungo e comporta dei costi, pertanto non conviene agire se il debito è nell’ordine di poche centinaia o migliaia di euro.
In caso di cointestazione, ad esempio con il coniuge, l’intero immobile può essere pignorato ma, una volta che l’immobile è stato venduto, il coniuge debitore ha l’obbligo di restituire all’altro comproprietario la quota del valore che gli spetta.
Prima di procedere alla vendita dell’intera abitazione, il giudice deve però valutare se ci sia la possibilità di frazionare l’immobile, espropriando solo per la quota che appartiene al debitore. Ricordiamo infine che il cointestatario non debitore ha la facoltà di opporsi al pignoramento.
E’ possibile accordarsi con i creditori anche se la procedura di esecuzione forzata è già stata avviata. Lo strumento si chiama ’ accordo transattivo ’ e può essere di due tipi:
saldo e stralcio, quando il creditore rinuncia a una parte delle spettanze e il debitore si impegna a ripagare la rimanenza in un’unica soluzione o al massimo in tre rate;
dilazione, quando si dà la possibilità di rimborsare il debito a rate.
La proposta transattiva va comunicata dal debitore (o da un suo legale rappresentante) per iscritto all’avvocato del creditore. L a trattativa non sospende la procedura di pignoramento che va avanti sino all’eventuale raggiungimento dell’accordo.
Nel caso in cui i creditori siano più d’uno, l’accordo, per avere validità, deve essere firmato da tutti i soggetti coinvolti.
Giornalista professionista, collabora da diversi anni con il Sole 24 Ore (Casa24Plus, Mondo Immobiliare). In passato ha lavorato, tra gli altri, per Tempo Economico e Tgcom.
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