13 lug 2022 | 3 min di lettura | Pubblicato da Castiglia M.
Seppure non obbligatorio, il certificato di stato legittimo di un immobile è un documento molto importante, soprattutto quando si apre un mutuo per la compravendita di una casa, perché ne attesta la conformità urbanistica. Cioè dimostra che l’immobile è stato costruito o in seguito ristrutturato in conformità con le norme urbanistiche vigenti.
Con il cosiddetto Decreto Semplificazioni (n. 76/2020) è stato introdotto il certificato di stato legittimo come documento che, a tutela dell’acquirente, attesti che un certo immobile sia esente da abusi edilizi. La presenza di tale attestato mette al riparo da problematiche che potrebbero sorgere anche in futuro e può essere allegato agli atti di compravendita.
Il certificato di stato legittimo deve essere redatto da un tecnico abilitato che si assume la responsabilità di quanto asseverato. Ad esempio, un architetto, un ingegnere o un geometra che, attraverso una perizia, attesta che l’immobile è stato costruito (o ristrutturato o modificato in seguito) in modo conforme ai progetti depositati presso l’Ufficio Edilizia e Urbanistica del Comune dove si trova il bene. Sempre al tecnico accreditato spetta il compito di certificare la presenza di eventuali "tolleranze costruttive". Queste ultime rappresentano delle discrepanze ma non così gravi da costituire una violazione edilizia.
Secondo la legge, infatti, sono ammesse delle difformità rispetto ai progetti depositati e approvati, seppure entro determinati limiti che solo un tecnico è in grado di valutare.
Il certificato di stato legittimo, oltre ai dati riguardanti il tecnico accreditato che effettua la dichiarazione, deve contenere:
Il documento deve essere completato dal tecnico con eventuali osservazioni e allegati, insieme all’asseverazione.
Nel caso in cui l’immobile sia privo dei titoli edilizi, perché esente o perché costruito quando non c’era l’obbligo di acquisire il titolo abilitativo o perché gli stessi sono andati persi, spetta al professionista l’onere di verificare l’eventuale presenza di abusi o di irregolarità, rispetto alle norme urbanistiche comunali vigenti. Per farlo, può utilizzare tutti gli strumenti probanti disponibili. Come: la documentazione catastale e materiale d’archivio, cartografico e fotografico.
Il documento, anche se facoltativo, è utile in caso di compravendita o di donazione di un immobile, o di una unità immobiliare, perché garantisce la veridicità dei titoli edilizi dichiarati dal venditore, ovvero garantisce che ci sia una reale corrispondenza tra lo stato di fatto del fabbricato e gli stessi titoli edilizi presenti negli atti notarili che trasferiscono i diritti su un determinato bene.
Il certificato è altrettanto importante nel caso in cui si vogliano realizzare lavori di ristrutturazione sfruttando le agevolazioni fiscali introdotte con gli attuali bonus edilizi. Molti di questi ultimi, primo tra tutti il superbonus 110%, richiedono infatti l’attestato di un tecnico circa la conformità dell’immobile con i titoli edilizi depositati per poter accedere ai benefici previsti.
Salvo diversi accordi tra le parti, normalmente, spetta al venditore presentare il certificato di stato legittimo. I costi sostenuti per il suo rilascio sono comunque a carico della parte che lo richiede e variano in base alle dimensioni dell’immobile o dell’unità immobiliare. Solitamente si parte da qualche centinaio di euro.
Il DL 76/2020 del 17 luglio 2020, poi convertito nella legge 120/2020, ha sancito, ed è questa la novità, la possibilità di allegare il certificato di stato legittimo agli atti di una compravendita immobiliare al fine di garantire l’assenza di abusi edilizi riferiti al bene oggetto della transazione. Non c’è tuttavia l’obbligo di allegare l’attestato e il notaio, in mancanza dello stesso, non può rifiutare di procedere con il rogito.
Giornalista professionista, collabora da diversi anni con il Sole 24 Ore (Casa24Plus, Mondo Immobiliare). In passato ha lavorato, tra gli altri, per Tempo Economico e Tgcom.
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