3 ott 2013 | 2 min di lettura | Pubblicato da Castiglia M.
Introdotto in Italia con la legge 248 del 2005, il prestito ipotecario vitalizio permette alle persone che hanno compiuto i 65 anni di età e proprietarie di un immobile di convertire parte del valore della casa in liquidità, a fronte dell’iscrizione di un’ipoteca sull’abitazione come garanzia. Il prestito non viene erogato in caso di immobili non residenziali o che si trovano in zone sismiche.
La particolarità di questo mutuo, a medio lungo termine e conosciuto nei paesi anglosassoni come "reverse mortgage" o "equity release", è che si può entrare in possesso del contante senza dover rimborsare il capitale, spese e relativi interessi sino a che il contraente è in vita (se l’immobile è cointestato, sino alla morte del co-proprietario più longevo).
L’importo erogabile varia in base all’età del richiedente (più si è avanti con gli anni, più alta la cifra che si può ottenere) e oscilla generalmente tra il 20% e il 50% del valore dell’immobile. A differenza di quanto avviene con la “nuda proprietà”, inoltre, a chi contrae il prestito resta il possesso dell’abitazione sino alla morte, senza però poterla vendere (a meno che non si estingua il debito in anticipo cancellando l’ipoteca) o affittare.
Il rimborso, in un’unica soluzione, delle spese, del capitale e degli interessi che si accumulano negli anni spetta agli eredi che, allo scadere del finanziamento, possono ripianare il debito nel giro di circa 12 mesi liberando l'immobile dall'ipoteca oppure vendere l’abitazione e restituire il dovuto con il ricavato o ancora lasciando la casa alla banca mutuataria che provvederà ad alienarla trattenendo il credito vantato e restituendo agli eredi l’eventuale eccedenza.
Il prestito ipotecario vitalizio ha però una controindicazione: gli interessi si calcolano secondo la pratica dell’anatocismo (vietata in tutti gli altri tipi di finanziamento) che permette di percepire gli interessi sugli interessi già maturati, facendo lievitare l’entità del debito.
Ed è questo uno degli aspetti affrontati nella proposta avanzata di recente al Governo dall’Abi insieme a 13 associazioni dei consumatori con l’obiettivo di sviluppare questo strumento finanziario, mai realmente decollato in Italia proprio perché carente dal punto di vista normativo.
Insieme ad altre richieste, come ad esempio la possibilità di godere delle agevolazioni fiscali tipiche dei finanziamenti a lungo termine, la proposta dell’Abi prevede infatti che il contraente possa “concordare, al momento della stipula del contratto, modalità di rimborso graduale della quota di interessi e delle spese sulla quale non si applica la capitalizzazione annuale degli interessi”.
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