19 mag 2022 | 4 min di lettura | Pubblicato da Marco B.
I nuovi modelli di lavoro che si sono affermati durante l'emergenza sanitaria sono destinati a restare.
Tra questi spicca lo smartworking, tanto che molte imprese guardano a un modello misto - con giorni di lavoro in sede combinati con altri da remoto - come sistema stabile.
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Non è solo questione di smartworking: se guardiamo al fenomeno con più attenzione, si legge sul magazine, ci accorgiamo di cambiamenti più profondi, che non riguardano solo l'organizzazione del lavoro, ma il significato che le persone gli danno.
A quanto pare, tante persone ora sono a caccia di un true fulfillment, come ha ricordato il New York Times. Tradotto: si cercano una soddisfazione e un appagamento autentici, conciliando stile di vita e stile di lavoro. Siccome molte imprese non riescono a garantirlo, si determina la Great Resignation: è il boom di dimissioni che si sta diffondendo a livello globale.
Nell'Unione europea, per esempio, quasi la metà dei dipendenti delle piccole e medie imprese (PMI) starebbe pensando di lasciare il lavoro entro il prossimo anno.
Non è soltanto questione di stipendio più o meno soddisfacente. Oggi si desidera un impiego che rispetti la nostra vita extra-lavorativa e ci faccia tornare a casa relativamente contenti.
Ecco allora che assistiamo alla nascita di un nuovo fenomeno noto come Great Re-Evaluation: una forma di ribilanciamento della propria vita, in cui il benessere e la cura dei propri cari giocano un ruolo fondamentale. E le organizzazioni iniziano a offrire programmi che permettono alle persone di lavorare, anche per mesi, nel luogo che preferiscono, o di dedicare una parte dell’anno ai viaggi.
Per esempio, il nomadismo digitale - in parole povere, il lavoro svolto da persone che vagano per il mondo e contano su una connessione efficace al Web per svolgere il proprio lavoro - fino a un poco più di due anni fa era un fenomeno elitario, percentualmente non rappresentativo. Oggi invece, sempre più spesso, si può lavorare per un’azienda e, allo stesso tempo, essere nomadi digitali.
Questo nuovoibrido si chiama Corporate Nomad, come l’ha definito l’Harvard Business Review. Non è pura teoria, perché ci sono sperimentazioni molto interessanti che seguono questo modello.
In Italia il progetto Venywhere è uno di quelli più promettenti. Promosso dalla multinazionale californiana Cisco e dalle università di Venezia Ca’ Foscari e Iuav, ha l’obiettivo di attrarre lavoratori da tutto il mondo e di integrarli con una comunità locale. Nello specifico, si tratta della comunità veneziana, che si sta svuotando proprio a causa dell'accentramento del lavoro verso le grandi città. Venywhere è appunto l’unione dei termino 'Venice' (Venezia) ed 'everywhere' (ovunque).
Il progetto consente di stabilirsi nella Laguna per qualche mese, insieme al proprio team e ai propri cari. Insomma, una parte del futuro del mondo del lavoro passa dal rinnovamento dei legami con le organizzazioni e arriva al ripopolamento di luoghi ricchi di storia. L’Italia, con i suoi borghi e 8.000 Comuni, è in una posizione privilegiata per cavalcare questa innovazione.
I piccoli centri e i borghi storici, con investimenti mirati e iniziative adeguate, potrebbero ospitare lavoratori da tutto il mondo. O, semplicemente, supportare lo smart working per far tornare persone che si sono trasferite nei grandi centri proprio per esigenze lavorative.
Guarda caso, è nata l’iniziativa PNNR Borghi, con cui il Ministero della Cultura, in collaborazione con Regioni e ANCI (l'associazione dei Comuni italiani) ha stanziato 1 miliardo di euro per il rilancio di 250 borghi in tutto il Belpaese e ne ha individuati già 21 per la fase pilota.
Il progetto prevede che le risorse saranno utilizzate per l’insediamento di nuove funzioni, infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca.
Anche il movimento South Working propone un progetto con obiettivi simili a quelli precedenti. Secondo il report 'Soluzioni e tecnologie per i piccoli comuni e le aree montane', curato dalla Fondazione Symbola in Italia, tra coworking, rural hub e impact hub, ci sono già 24 strutture che rispondono a questi requisiti. Vedremo presto se i progetti, e i sogni, potranno realizzarsi.
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