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13 dic 2018 | 5 min di lettura | Pubblicato da Valerio S.

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Una delle principali agevolazioni che la legge mette a disposizione di chi sottoscrive un mutuo per acquistare l’abitazione principale è quella fiscale. Nella dichiarazione dei redditi, infatti, è possibile recuperare una quota degli interessi passivi pagati ogni anno alla banca, scontandoli dall’IRPEF dovuta all’erario. La detrazione è disciplinata dal TUIR, mentre la sua applicazione é stata chiarita nel tempo dall’Agenzia delle entrate.

Mutuo casa: trova il migliore

In linea di massima, è bene sapere che lo sconto IRPEF è pari al 19% degli interessi corrisposti alla banca in dipendenza del contratto di mutuo ipotecario acceso per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale e delle sue pertinenze. Il beneficio è applicabile su un tetto massimo di 4.000 euro annui, dando luogo perciò a un risparmio d’imposta che può arrivare a 760 euro.

Una volta fissato questo principio, è opportuno addentrarsi all’interno di alcune delle possibili ipotesi, che si verificano con grande frequenza nella quotidianità (mutui cointestati, familiari fiscalmente a carico, spese accessorie).

Il rogito immobiliare e l’atto di mutuo, che sono due atti notarili distinti, avvengono di solito contestualmente o comunque a pochi giorni di distanza. Per poter risultare agevolabile, tuttavia, la compravendita della casa può perfezionarsi anche nell’anno antecedente o successivo alla stipula del mutuo. Ovviamente lo sgravio IRPEF compete solo per il periodo in cui la casa rimane abitazione principale del contribuente: se l’immobile perde tale status, a partire dall’anno successivo gli interessi pagati non risulteranno più detraibili.

La legge stabilisce alcune eccezioni al verificarsi delle quali, proprio a causa della loro particolarità, il contribuente mantiene comunque il diritto alla detrazione. Si tratta dei casi di trasferimento della dimora abituale per motivi di lavoro, anche in un altro comune o all’estero, per il periodo in cui il distacco rimane necessario e pure nel caso in cui nel frattempo l’immobile venga dato in locazione. Un’altra eccezione è data dal trasferimento del mutuatario in istituti di ricovero o sanitario (in questo caso però la casa non può essere affittata, viceversa si perde la detrazione). Disposizioni specifiche operano poi per gli appartenenti alle forze armate e alle forze di polizia, i quali in ragione delle esigenze di servizio possono fruire di una disciplina ad hoc per mantenere il diritto al beneficio.

Venendo al requisito soggettivo, è il momento di ricordare un’altra regola fondamentale del funzionamento della detrazione degli interessi.

Per poter applicare lo sconto IRPEF, la legge richiede che il contribuente sia allo stesso tempo intestatario del mutuo e proprietario (o comproprietario) dell’immobile. Mentre il diritto di proprietà può essere frazionato in quote (una metà, un terzo, etc.), la titolarità del mutuo funziona “per teste”, ossia in base al numero di contraenti. Questo è uno dei temi che suscitano i maggiori dubbi tra chi si trova a dover fare i conti la dichiarazione dei redditi, alla luce tra del “doppio binario” che possono seguire intestazione del mutuo e intestazione delle quote di proprietà del bene.

Il diritto alla detrazione sorge insomma laddove il soggetto sia acquirente e mutuatario, a prescindere dalla quota di proprietà dell’immobile (è sufficiente anche l’1%), in quanto non c’è correlazione tra questa e la quota di detrazione spettante per gli interessi. Con una circolare dell’Agenzia delle Entrate del 2006 le porte del bonus sono state aperte anche ai mutuatari che acquistano solo la nuda proprietà del bene, mentre rimangono sempre esclusi gli usufruttuari, titolari del diritto godimento dell’abitazione, ma non della proprietà.

Per risultare agevolabile il mutuo deve essere assistito da un’ipoteca immobiliare. Ai sensi della vigente normativa, non è necessario che l’immobile sottoposto a garanzia sia lo stesso acquistato con il finanziamento, ma può anche essere un altro, pure appartenente a un terzo soggetto (il cosiddetto datore di ipoteca).

Un’ulteriore regola da tenere bene in mente è quella che disciplina la ripartizione del bonus in presenza di più soggetti comproprietari/cointestatari del mutuo. Come detto, il tetto agevolabile è di 4.000 euro annui e tale rimane anche qualora i contribuenti interessati siano più di uno. In questi casi, perciò, il diritto alla detrazione spetterà in proporzione alla quota di cointestazione del mutuo di ciascuno.

Se il finanziamento è stato acceso da una coppia, per esempio, entrambi potranno calcolare il 19% di sgravio IRPEF su un massimo di 2.000 euro rispetto agli interessi complessivamente certificati dalla banca; se il mutuo è intestato a marito, moglie e figlio convivente non a carico, lo sconto sarà pari al 19% su 1.333 euro a testa. Quando il mutuo è cointestato e uno dei due coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, quest’ultimo potrà fruire della detrazione per entrambe le quote degli interessi passivi.

Un’ultima regola riguarda i cosiddetti oneri accessori. Si tratta cioè di quelle spese che il mutuatario sostiene in quanto connesse al contratto di mutuo, ma diverse dagli interessi veri e propri. La legge ricomprende tra le voci detraibili anche questa tipologia di oneri, ma non tutti. Diventa quindi molto importante per chi sottoscrive un mutuo, al fine massimizzare il vantaggio fiscale, capire cosa può essere detratto dal modello 730 o modello Redditi (ex “Unico”) e cosa no.

Alla luce dei numerosi interventi emanati negli anni dall’Amministrazione Finanziaria, tra gli oneri accessori detraibili rientrano la parcella del notaio che stipula il contratto di mutuo, le relative imposte d’atto, comprese quelle per l’iscrizione o la cancellazione di ipoteca, nonché l’imposta sostitutiva sul capitale prestato. Agevolabili pure le eventuali commissioni pagate alle banche per la gestione della pratica, incluse le spese di istruttoria e di perizia.

Viceversa, non risultano detraibili i costi notarili legati alla compravendita dell’immobile (compromesso e rogito), l’imposta di registro o l’Iva dovute sul trasferimento del bene, i tributi ipo-catastali e i premi assicurativi sulle polizze connesse diverse da quella obbligatoria “scoppio e incendio”.

Va comunque ricordato che questi oneri vengono di regola sopportati dal mutuatari in maniera una tantum, tipicamente all’inizio del finanziamento. I costi vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui essi sono stati sostenuti. Pertanto, le spese andranno a cumularsi agli interessi del primo anno, portando molto spesso al superamento del limite dei 4.000 euro e quindi rendendo impossibile il recupero del 19% “reale” sull’intero plafond di spese agevolabili.

Autore
valerio stroppa

Marchigiano di nascita, vive e lavora a Milano dal 2006. Valerio, giornalista professionista, scrive di diritto, fisco (nazionale e internazionale), e giustizia tributaria per ItaliaOggi.

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