1 ott 2019 | 4 min di lettura | Pubblicato da Castiglia M.
‘Social lendig’, ‘peer to peer lendig’ (P2P lending) o più semplicemente ‘prestiti tra privati’ , lanciato in Inghilterra nel 2005 dal sito Zopa, il social lending si è sviluppato in breve in tutto il mondo e l’Italia, dove lo strumento è disciplinato e regolamentato dalla Banca d’Italia, non fa eccezione. Esso funziona grazie alla partecipazione di privati che mettono a disposizione una certa liquidità da erogare a titolo di prestito.
Il contatto tra le parti e la successiva erogazione delle somme vengono invece gestiti da apposite piattaforme online che hanno funzione di intermediari.
L’assenza di intermediazione da parte di banche o di società finanziarie e il conseguente abbattimento dei costi producono un duplice beneficio: gli investitori, a fronte del denaro prestato, ottengono rendimenti più alti, mentre ai debitori, per gli stessi motivi, vengono applicati tassi di interesse più bassi rispetto a quelli di una tradizionale operazione di credito al consumo. I tempi di erogazione sono inoltre più rapidi rispetto a quelli di una banca tradizionale.
Quando ci si registra su una di queste piattaforme, sia a titolo di investitori sia a titolo di debitori, bisogna dimostrare di avere determinati requisiti che, nel caso dei debitori, consistono soprattutto nel dimostrare di essere dei soggetti solvibili. Cioè di avere la capacità finanziaria sufficiente a restituire la somma ricevuta in prestito. Una volta ottenuto il finanziamento, non è inoltre richiesta alcuna penale nel caso in cui si voglia estinguere il debito anticipatamente.
Le verifiche relative ai requisiti di solvibilità sono effettuate dalle società che gestiscono le piattaforme. Generalmente, una volta analizzato il merito creditizio, viene assegnano ai richiedenti un punteggio in base al quale si definiscono anche i tassi di interesse e la durata del finanziamento. In pratica, a parità di importo chiesto in prestito, chi dimostra di avere un merito creditizio ottimo pagherà interessi minori rispetto a chi ha un merito creditizio scarso.
Le società di gestione hanno anche il compito di assistere sia i prestatori sia i debitori per tutta la durata dell’operazione, oltre che di predisporre strumenti idonei a tutelare, almeno in parte, gli investitori in caso di morosità. Perché un margine di rischio, come sempre, c’è. E proprio con l’obiettivo di minimizzare eventuali perdite o rischi, i prestatori hanno l’opportunità di diversificare l’investimento attraverso la suddivisione in quote del capitale.
Questo fa sì che le somme erogate non provengano solitamente da un unico soggetto ma da più prestatori che possono scegliere sulla piattaforma la richiesta da finanziare.
L’erogazione del prestito avviene normalmente tramite un bonifico sul conto corrente del richiedente, mentre il rimborso prevede una rata, quasi sempre a cadenza mensile, da versare alla società di gestione che, a sua volta, provvederà a restituire il dovuto, comprensivo di interessi, al prestatore.
Naturalmente, anche le piattaforme digitali devono trarre dei profitti dall’attività. Profitti che ricavano applicando delle commissioni, da un lato, al prestito erogato e, dall’altro, agli interessi percepiti dai prestatori.
Sul fronte del social lending, la legge di Bilancio 2018 (comma 43) ha introdotto nuove norme dal punto di vista fiscale, rendendo di fatto i rendimenti più vantaggiosi. In precedenza sui rendimenti veniva infatti applicata una tassazione progressiva in funzione degli scaglioni Irpef. Le nuove norme prevedono invece che sugli interessi percepiti dal prestatore sia applicata una imposta fissa al 26%, equiparando così tali interessi ai rendimenti degli altri strumenti finanziari. La ritenuta del 26% viene trattenuta alla fonte: cioè dai gestori delle piattaforme, a patto che siano iscritti all’albo degli intermediari finanziari (art. 106 del Testo unico bancario) oppure sarà operata da altri istituti di pagamento autorizzati dalla Banca d’Italia (art. 114 del Tub).
Tra le principali piattaforme di social lending che operano in Italia, si possono citare: Smartika, operatore finanziario autorizzato che permette di richiedere prestiti personali da un minimo di 1.000 a un massimo di 15mila euro, rimborsabili, a scelta, in 12, 24, 36 e 48 mesi. Chi richiede un finanziamento deve avere un’età compresa tra i 18 e i 75 anni.
Prestiamoci è una società iscritta all’Albo Intermediari Finanziari, ex art. 106 Tub. Opera dal 2008 e finanzia da 1.500 a 25mila euro rimborsabili da 12 a 72 mesi. Prestiamoci suddivide il capitale dell’investitore in quote da 50 euro affinché il prestatore possa diversificare il portafoglio riducendo i rischi.
BLender fa capo a BLender Italia e opera in qualità di agente-outsourcer italiano di funzioni operative dell’Istituto di Moneta Elettronica di diritto lituano UAB BLender Lithuania. BLender è iscritto, ai sensi di legge, nel registro degli agenti tenuto dalla Banca di Lituania. La piattaforma finanzia fino a 15mila euro, rimborsabili in 24 o 36 mesi. Per ottenere il finanziamento è necessario essere cittadini italiani e percepire uno stipendio mensile di almeno 1.000 euro.
Giornalista professionista, collabora da diversi anni con il Sole 24 Ore (Casa24Plus, Mondo Immobiliare). In passato ha lavorato, tra gli altri, per Tempo Economico e Tgcom.
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