7 mar 2019 | 5 min di lettura | Pubblicato da Valerio S.
Quando si contrae un finanziamento, che si tratti di un prestito da poche centinaia di euro per l’acquisto di uno smartphone al mutuo immobiliare sulla casa, uno degli scenari più negativi a cui può andare incontro il debitore è quello di essere segnalato alla cosiddetta “centrale dei rischi”, qualora il piano di rimborso non sia puntualmente rispettato. Nel corso della vita possono essere diverse le circostanze che conducono a tale evento.
La perdita del posto di lavoro, un infortunio che comporta inabilità (e quindi incapacità temporanea di produrre reddito, in assenza di adeguata copertura assicurativa), vicissitudini personali oppure l’accumularsi di più impegni finanziari, magari modesti se presi singolarmente ma insostenibili se sommati tra loro.
Essere inserito nei Sistemi di informazioni creditizie (Sic), tra i quali quello principale è gestito da CRIF, può costituire un serio problema in futuro per chiunque, anche una volta ritornato “in bonis”, si ritrovi a dover chiedere un finanziamento o una carta di credito.
I Sic costituiscono infatti la fonte di informazione più aggiornata alla quale banche e finanziarie si rivolgono quando si trovano a valutare le richieste di prestiti avanzate dai clienti o potenziali clienti, al fine di stabilire la loro affidabilità e puntualità nei pagamenti. Le fattispecie negative che vengono inserite nei database di referenza creditizia sono molteplici e vanno dai semplici ritardi alle morosità conclamate, senza dimenticare le vere e proprie insolvenze.
È però importante sapere che, anche una volta inseriti nel Sic come cattivi pagatori, la segnalazione non vale per sempre. Proprio in virtù della delicatezza di tali dati, suscettibili di creare non pochi problemi nella vita delle persone, la gestione delle informazioni è regolamentata da uno specifico Codice deontologico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2004 e in vigore dal 1° gennaio 2005.
Tale provvedimento, emanato in attuazione del Codice privacy (D.Lgs. n. 196/2003), definisce tra l’altro uno dei punti più importanti nel trattamento delle informazioni, vale a dire i tempi della loro conservazione nelle banche dati. Vediamo come.
I Sic contengono in primo luogo le informazioni personali fornite da chi richiede un prestito a banche, finanziarie o altri soggetti privati che, nell´esercizio della propria attività commerciale o professionale, prevedono la possibilità di concedere dilazioni di pagamento del corrispettivo dovuto per la fornitura di beni o servizi.
In questi casi, gli intermediari comunicano i dati al Sic. Qui le informazioni sono suddivise in tre categorie: finanziamenti in fase di richiesta, respinti e rinunciati. I tempi di conservazione sono pari al periodo necessario per la gestione della relativa istruttoria e comunque non oltre 180 giorni dalla data di presentazione delle richieste.
Qualora l’istituto finanziario decida di respingere la domanda di prestito, la notizia rimarrà inserita nel Sic per un massimo di 30 giorni. Stessa cosa avviene in caso di rinuncia al finanziamento da parte del cliente, che magari nel frattempo ha cambiato idea e non intende più sostenere la spesa prevista.
Se invece la pratica ha esito positivo, la posizione viene aggiornata e passa allo “step” successivo, ossia quello dei finanziamenti erogati.
La ragione per la quale sono nate in principio le centrali rischi private è quella di raccogliere le informazioni creditizie di tipo negativo, ossia quelle riguardanti rate pagate in ritardo oppure saltate dal debitore.
In questa ipotesi, possono verificarsi tuttavia diverse evenienze. Il debitore può procedere alla regolarizzazione del versamento. In questi casi, i tempi di conservazione dipendono dall’entità dell’inadempimento. Se i ritardi riguardano una o due rate (o mensilità), le informazioni saranno conservate per 12 mesi dalla data di registrazione dell’avvenuta regolarizzazione. Se invece i ritardi colpiscono tre o più rate (o mensilità), i dati resteranno nel database per 24 mesi dalla data di registrazione della regolarizzazione.
Una volta trascorsi i termini sopraindicati (12 o 24 mesi), il gestore del Sic deve procedere automaticamente alla cancellazione dei dati, sempre che nel frattempo non siano intervenuti ulteriori ritardi o mancati pagamenti.
Se ciò non avviene, il debitore può attivarsi in prima persona per la rimozione delle informazioni. Chi si è rimesso in regola con i pagamenti e vuole vedere la propria posizione “ripulita” ha due strade a disposizione: rivolgersi all’intermediario che ha concesso il prestito (per esempio la banca), oppure al soggetto privato che gestisce la banca dati (per esempio CRIF).
Entrambe le soluzioni sono gratuite, ma la prima è quella più rapida, in quanto l’istituto potrà procedere direttamente ad aggiornare la posizione. Viceversa, il soggetto gestore del Sic dovrà prendere contatto con l’istituto finanziatore, potendo procedere all’adeguamento della banca dati solo una volta espletate le dovute verifiche. A seguito di questo doppio passaggio, pertanto, i tempi potrebbero essere più lunghi.
Lo scenario avverso per i debitori è quello di restare segnalati come cattivi pagatori, a seguito di un inadempimento che non è stato oggetto di regolarizzazione (nemmeno con la forma di saldo e stralcio). In questo caso, le informazioni sul rapporto resteranno censite nel Sic per 36 mesi dalla data di scadenza contrattuale del finanziamento, o comunque dalla data di cessazione del rapporto.
Il termine dal quale calcolare il periodo di 36 mesi può essere dato anche dall’ultimo aggiornamento fornito dall’intermediario, se successivo. In ogni caso, come chiarito dal Garante per la privacy con il provvedimento n. 438/2017, i tempi di conservazione degli eventi negativi non sanati non possono mai andare oltre i cinque anni dalla scadenza “naturale” del rapporto originariamente prevista.
La grande maggioranza delle informazioni presenti nei database creditizi riguardano tuttavia prestiti regolari, ossia erogati, rimborsati ed estinti secondo la tabella di marcia. Anche in questo caso, il Codice deontologico prevede specifici termini di conservazione delle informazioni. In particolare, i dati possono essere conservati nel sistema per un massimo di 24 mesi dalla data di cessazione del rapporto o di scadenza del relativo contratto, oppure dal primo aggiornamento effettuato dall’intermediario successivamente a tali date.
Il Codice stabilisce però una deroga relativamente a quei soggetti che oltre a eventi “positivi” (cioè prestiti regolari) presentano anche segnalazioni su eventi negativi. In tali ipotesi, al fine di poter fornire a chi consulta il Sic un quadro più veritiero e completo possibile, gli elementi favorevoli acquisiscono gli stessi tempi (solitamente più ampi) di quelli sfavorevoli. Così facendo, una volta allineati tutti i dati relativi al medesimo richiedente viaggeranno in simbiosi, finendo per essere cancellati insieme.
Ferma restando la facoltà di far rettificare i dati inesatti o incompleti, per quanto riguarda le informazioni positive il consumatore ha anche diritto a farle “sparire” anticipatamente. Un simile comportamento appare tuttavia poco raccomandabile, dal momento che avere un track-record di pagamenti puntuali va senz’altro a favore di chi, da lì a un paio d’anni, si potrebbe ritrovare a chiedere un mutuo, un fido su conto corrente o una carta di credito.
Marchigiano di nascita, vive e lavora a Milano dal 2006. Valerio, giornalista professionista, scrive di diritto, fisco (nazionale e internazionale), e giustizia tributaria per ItaliaOggi.
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