14 dic 2020 | 4 min di lettura | Pubblicato da Giorgia N.
Le bollette del gas potrebbero diventare più pesanti. Questa volta, però, non c’entrano il rialzo del costo delle materie prime, gli aumenti sulle tariffe gas o nuove tasse e balzelli, ma una modifica al meccanismo degli investimenti sulla rete di distribuzione del metano.
A lanciare l’allarme è l’Autorità di regolazione per energia, reti ambiente (Arera), che segnala i rischi legati a una novità introdotta con il decreto Rilancio (convertito poi nella legge 77/ 2020), un articolo che va a semplificare l’iter autorizzativo dei progetti.
Secondo l’Authority la misura potrebbe avere ripercussioni importanti sul mercato e sulle famiglie, tanto che l’ente ha inviato una segnalazione a Governo e Parlamento chiedendo di intervenire con dei correttivi in tempi brevi.
La novità, inserita nell'articolo 114-ter del decreto Rilancio, fa riferimento agli investimenti per la creazione o il potenziamento della rete di trasporto di gas metano nei comuni montani (individuati nella zona climatica F) e nei comuni del Mezzogiorno non ancora raggiunti dall’infrastruttura. Si tratta di un tema non di poco conto: stando alle ultime rilevazioni sono ancora più di 1.000 i comuni non serviti o serviti solo parzialmente dalla rete di trasporto del gas naturale, e i cui abitanti devono ricorrere all’utilizzo di combustibili alternativi, per esempio al Gpl.
Il piano per ammodernare la rete va avanti da anni. Fino a ieri i singoli progetti di investimento presentati dalle aziende distributrici dovevano passare il vaglio dell’Arera, che prima di dare il via libera ne prendeva in considerazione il rapporto costi benefici e la congruità. L’esame si basava sulla valutazione di determinati requisiti, serviva a evitare sovrapposizioni e interventi ritenuti non necessari oppure poco innovativi o convenienti ai fini dell’efficienza. Era questa una forma di garanzia per il sistema e di tutela per l’anello finale della catena, cioè le famiglie e gli utenti in generale, perché è su di loro che gravano le spese per l’ammodernamento della rete.
Il passaggio di controllo è stato però eliminato. La norma attuale prevede che per "le estensioni e i potenziamenti di reti e di impianti esistenti nei comuni già metanizzati e le nuove costruzioni di reti e di impianti in comuni da metanizzare", l'Autorità "ammette a integrale riconoscimento tariffario i relativi investimenti". In pratica l’Arera è tenuta ad accettare i progetti in toto senza valutazione. La misura è stata chiaramente introdotta con lo scopo di velocizzare i tempi e favorire gli investimenti sulla rete di trasporto del gas naturale, e non per caso è stata accolta di buon grado dall’associazione italiana piccoli comuni, che anzi hanno sollecitato il governo ad andare avanti sulla strada delle semplificazioni.
Resta però il problema della mancanza di controllo preventivo. Come sottolinea l’Authority questo automatismo supera la regola generale prevista per gli sviluppi infrastrutturali delle reti di distribuzione del gas, e cioè che "l'efficienza e l’efficacia di ogni intervento programmato debba essere esaminata in via preventiva" e soprattutto fa cadere le tutele per i consumatori finali, imponendo all’Arera di riconoscere integralmente i costi sostenuti per gli investimenti e impedendole di applicare dei tetti. Tradotto, la spesa per gli interventi, senza tetti e senza analisi preventiva, andrà a spalmarsi sulle tariffe imposte ai consumatori. Con costi che l’Arera giudica "superiori ai benefici attesi".
Come si ripercuoterà sui consumatori ogni eventuale distorsione è semplice dirlo: le spese di costruzione e l’ammodernamento della rete confluiscono in bolletta nella voce "costo di trasporto e gestione contatore", comprende anche i servizi di trasmissione e trasporto, distribuzione, lettura dei contatori e trasmissione dei dati di consumo.
La voce è indicata con chiarezza nelle fatture bimestrali, nell’elenco dei costi fissi, ed è composta da una quota fissa, uguale per tutti, e una quota energia, parametrata ai metri cubi consumati da ciascun utente, dunque in parte sale con l’aumentare dei consumi. Per le utenze familiari questa componente costituisce circa il 20% di una bolletta media, la cifra viene aggiornata ogni trimestre e compare in misura uguale sia nelle fatture dei clienti del libero mercato, sia in quelle di chi è ancora nel servizio di maggior tutela.
Gli effetti della misura non saranno immediati, perché i tempi di progettazione e realizzazione delle infrastrutture sono lunghi, ma se e quando il sistema andrà a regime un eventuale aumento del numero e degli interventi avrebbe l’effetto di appesantire una voce di costo già pesante, senza dover per forza migliorare effettivamente la qualità del servizio offerto. Quanto basta, insomma, per valutare di riconsiderare la norma.
Pugliese trapiantata in Emilia, giornalista professionista dal 2005, laurea in filologia romanza e master in giornalismo all’Università di Bologna.
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