27 mag 2020 | 3 min di lettura | Pubblicato da Giorgia N.
Abbattere del 55% le emissioni di CO2 già entro il 2030? L’obiettivo potrebbe essere raggiunto, se solo i Paesi europei si impegnassero per arrivare a una quota del 10% di gas rinnovabili – biometano e idrogeno – e incrementassero contemporaneamente l’utilizzo di energia elettrica "verde". La stima è nell’ultima edizione dello studio annuale commissionato dal consorzio europeo Gas for Climate a Guidehouse.
Italia in testa alle classifiche per produzione di energie rinnovabili "Sul fronte dell’energia elettrica l’Italia è a buon punto", spiega Gian Piero Celata, direttore del Dipartimento di tecnologie energetiche dell'Ente nazionale energia e ambiente (Enea). "Oggi circa il 40% di quella prodotta nel Paese proviene da fonti rinnovabili. Su 290 terawattora (TWh) prodotti all’anno nei nostri confini, 119 arrivano da rinnovabile, di cui 50 dall’idroelettrico e 46 dal fotovoltaico".
Più complicato il discorso sul fronte del biogas: secondo i dati del Consorzio italiano biogas (Cib), con 2,4 miliardi di metri cubi all'anno l'Italia è uno dei principali produttori in agricoltura, quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, ma, potenzialmente il Paese potrebbe produrre nel 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13% dell'attuale fabbisogno annuo di gas naturale. Biogas, un bene prezioso "La produzione di biogas è neutrale dal punto delle emissioni di inquinanti, perché si ottiene dalla fermentazione di biomasse che naturalmente produrrebbero CO2", spiega Celata.
Di recente si è scoperto che il gas "verde" può essere ottenuto anche attraverso l’energia elettrica rinnovabile che non viene immessa nella rete, attraverso una tecnica denominata "power to gas". In pratica l'energia viene stoccata, e isolate le molecole di idrogeno. Con un ulteriore processo si unisce l’idrogeno con la CO2 prodotta di biomasse, ottenendo in questo modo CH4, cioè biometano". Si tratta di una tecnologia nuova, spiega l’esperto, che avrà bisogno di tempo per prendere piede, ma già grossi gruppi stanno investendo in questa direzione.
Nonostante la ricerca sia attivissima sul tema del biogas, e imponente la produzione italiana, il biometano prodotto ha ben poco a che vedere con le nostre forniture casalinghe di energia "verde".
Dal 2018 è possibile immettere nella rete nazionale il biocombustibile, ma ad oggi il suo utilizzo più evidente è nel settore trasporti, come carburante green, o per produrre energia elettrica rinnovabile. Cosa c’è dunque nelle offerte di gas "eco"? I più parlano di "gas naturale al 100%", ma questo non è altro che metano, una fonte fossile, anche se decisamente meno inquinante rispetto alle altre fonti fossili.
Nella quasi totalità dei casi l’offerta viene definita ecologica perché le aziende venditrici si impegnano a compensare in altro modo le emissioni prodotte dalla estrazione del gas naturale. In altre parole acquistano i cosiddetti certificati di credito di carbonio, rilasciati da organismi internazionali. I crediti si ottengono sostenendo economicamente progetti di sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale, a favore di piccole comunità, spesso nei Paesi in via di sviluppo o in aree problematiche.
Si tratta insomma di iniziative di sostegno a 360°, che vanno dalla piantumazione di alberi alla costruzioni di centrali idroelettriche o eoliche per la produzione di energia pulita, ad azioni di supporto per lo sviluppo locale.
L’obiettivo di questi certificati non è quello di abbattere le emissioni di gas serra in atmosfera, ma di neutralizzare quelle già prodotte compensandole in altro modo. La qualità delle offerte "eco" proposte dalle aziende dipende quindi dalla serietà dell'ente certificatore e dalla qualità dei progetti supportati.
Per questo, prima di accettare una proposta commerciale di questo tipo, che spesso comporta per il consumatore un prezzo leggermente più alto, è sempre bene cercare di approfondire, chiedendo di sapere quali progetti sostenuti e chi certifica i crediti.
Pugliese trapiantata in Emilia, giornalista professionista dal 2005, laurea in filologia romanza e master in giornalismo all’Università di Bologna.
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