22 feb 2023 | 4 min di lettura | Pubblicato da Cristina B.
La corte costituzionale con sentenza 263 del dicembre 2022 ha fatto chiarezza sulle disposizioni italiane in tema di credito al consumo, recependo nell’ordinamento, con effetto retroattivo (cioè anche per il passato), gli effetti di una decisione della corte di giustizia Ue in tema di credito al consumo. L’effetto è a favore di chi ha stipulato un finanziamento e lo chiude rimborsando le rate in anticipo. Il comportamento dà diritto a un ricalcolo delle rate e a uno sconto. La riduzione va calcolata all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto.
Nel 2019, una sentenza della corte di giustizia Ue, sentenza Lexitor, stabilisce un principio applicabile anche al diritto italiano. Chi chiude in anticipo il finanziamento del credito al consumo ha diritto ad uno sconto sui costi sostenuti. La corte di giustizia ha interpretato l'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE (direttiva credito al consumo), nel senso di ritenere "che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore ".la Corte di Giustizia ha voluto privilegiare un'interpretazione con l’obiettivo di garantire maggiore tutela ai consumatori, al fine di prevenire il rischio di abusi.
Nel mirino dei giudici della corte costituzionale italiana il modo in cui il legislatore ha recepito nell’ordinamento le indicazioni della corte di giustizia Ue. Il nostro legislatore ha fatto proprie le indicazioni della corte di giustizia Ue nell’articolo 11 octies, comma 2 del dl 73/2021(decreto sostegni bis).
La norma aveva, però, una parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi la riduzione per estinzione anticipata. Inoltre la norma faceva riferimento ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della L. n. 106/2021, la legge di conversione del dl 73/21.
Dunque per il legislatore italiano: ok al rimborso ma solo per i contratti conclusi dopo il 25 luglio 2021. Il diritto al rimborso poi si doveva intendere come una riduzione degli interessi e dei costi compresi nel costo del credito ad eccezione delle imposte. La scelta di applicare le disposizioni solo per il futuro poi comportava la ripetibilità dei costi ricorrenti per i contratti in data anteriore.
Questa la situazione normativa su cui la corte costituzionale ha alzato cartellino rosso. I giudici della consulta hanno bocciato la decisione del legislatore proprio sulla decorrenza delle norme e stabiliscono che i rimborsi si devono applicare anche ai contratti precedenti al 25 luglio 2021. Per i giudici della corte costituzionale è contraria alla costituzione la norma che limitava solo ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione in capo al consumatore. Il perimetro di applicazione, ricorda la Consulta, coincide con i contratti conclusi nel periodo 2010-2021.
L'intento della Corte mira, dunque, a uniformare la normativa nazionale al diritto europeo, garantendo - altresì - un'interpretazione della medesima normativa conforme alla sentenza Lexitor: "L'eliminazione della citata parte di disposizione rimuove”, scrivono i giudici, “pertanto, l'attrito con i vincoli imposti dall'adesione dell'Italia all'Unione Europea".
Nella sentenza Lexitor che ha dato origine al diritto al rimborso per i contratti chiusi in maniera anticipata si consideravano i costi senza distinzione. Nella prassi italiana il diritto alla restituzione dei costi, derivanti dal rimborso anticipato, era limitato ai soli costi recurring, escludendo i costi collegati alle attività finalizzate alla concessione del prestito (costi up-front).
I costi recurring (termine inglese per ricorrenti) sono, invece, tutte quelle spese, diverse dai tassi di interesse, poste a carico del cliente e legate alla durata del contratto stipulato (ad esempio, le spese d'incasso rata oppure delle componenti rilevanti come la polizza vita, che copre il rischio di premorienza, o anche la polizza perdita impiego, che copre il rischio di licenziamento del contraente).
Essi differiscono dai costi up front, costituiti dalle spese che vengono sostenute nel momento in cui si decide di avviare la pratica di apertura del finanziamento. I costi up front sono indipendenti dalla durata del prestito (a titolo esemplificativo: spese di istruttoria e di gestione della pratica di finanziamento, le eventuali commissioni di intermediazione e le commissioni bancarie).
La corte costituzionale ribadisce che deve ritenersi conforme alle indicazioni della sentenza della corte di giustizia Ue l’interpretazione della disposizione del 2021 con riferimento ai costi totali riferimento in quanto il riferimento “al costo totale del credito ha rivestito un ruolo decisivo nell’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor”.
Giornalista professionista dal 2004 e vicecaporedattore per ItaliaOggi, scrive del Fisco in ogni sua forma. Ha fatto incursioni su Classcnbc e Tgcom per raccontare le novità di manovra di bilancio, sanatorie fiscali e storie di elusione.
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