2 feb 2023 | 3 min di lettura | Pubblicato da Marco B.
Il 75,4% degli edifici italiani è nelle classi energetiche più inquinanti: E, F, G.
Lo svela il monitoraggio Enea-CTI, relativo agli attestati di prestazione energetica emessi nel 2020.
Quindi solo un palazzo su quattro ha un basso impatto sull'ambiente. Con la direttiva Ue sugli edifici a basso consumo energetico in arrivo, quali saranno le conseguenze per l'Italia? Ne parliamo su Facile.it, leader nel confronto di offerte energia.
Gli edifici sono i maggiori consumatori di energia (40% del totale) e producono il 36% dei gas-serra.
La grande maggioranza dovrà probabilmente essere ristrutturata, altrimenti perderanno una parte consistente del valore immobiliare.
Il primo appuntamento è per il 9 febbraio, quando la Commissione Industria, Ricerca ed Energia (Itre) del Parlamento europeo dovrà votare a favore o contro la nuova direttiva UE per l’efficienza energetica degli edifici.
La direttiva è tra quelle contenute nel pacchetto di riforme Fit for 55, che punta alla riduzione della CO2 del 55% entro il 2030 rispetto ai dati del 1990.
Fatto sta che dal 2030 i nuovi edifici privati non dovranno produrre emissioni nocive (quelli pubblici entro il 2027) e rientrare nella classe A, il top dell’efficienza energetica (cappotto termico e uso di fonti energetiche rinnovabili).
Mentre sempre entro il 2030 tutte le case e i palazzi privati già costruiti dovranno entrare come minimo nella classe energetica F ed entro il 2033 nella classe E.
In Italia (e in altri Paesi con molte case d'epoca e tanti centri storici) quel tipo di obiettivo sarà difficilmente raggiungibile, per motivi strutturali, per i costi e per i vincoli determinati dalla tutela del patrimonio edilizio d'epoca, che spesso ha addirittura radici nel Medioevo.
Non solo, per milioni di case gli interventi richiesti non saranno realizzabili a causa dei vincoli determinati dal loro valore storico.
Già negli ultimi sei anni le case in classe D o inferiore si sono svalutate mediamente dell'8%.
Qualora l'UE dovesse proseguire sulla sua strada, il deprezzamento aumenterà ancora.
E i costi, per ora, sono tutti a carico dei cittadini, a meno che gli Stati, nel nostro caso l'Italia, non trovino il modo per agevolare le ristrutturazioni.
In Italia il superbonus 110%, che prevedeva forti agevolazioni per interventi compatibili con le esigenze prospettate, sia stato eliminato dalla recente Legge di bilancio.
Nel 2023 cala al 90% delle spese sostenute, scenderà al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.
Inoltre, il vecchio superbonus - segnato da una procedura di accesso che per alcuni versi risultava complessa - ha riguardato meno dell'1% degli edifici plurifamiliari.
Nel frattempo i prezzi di materiali e lavori sono saliti. Le stesse banche si stanno tirando indietro sul fronte della cessione del credito.
In futuro cosa succederà nel campo degli incentivi? È difficile fare previsioni.
Di certo, la direttiva UE, se approvata, imporrà, teoricamente, la ristrutturazione di tre quarti del patrimonio edilizio del nostro Paese.
La presidenza di turno svedese dell’Unione europea si è appena impegnata ad approvare tutto entro sei mesi.
L’obiettivo è quello di votare a marzo un testo che costituisca la posizione negoziale dell’Europarlamento in vista della trattativa con il Consiglio.
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