18 gen 2021 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
I Big Data stanno sempre più rivoluzionando il mondo delle assicurazioni. Un binomio, questo tra Big Data e assicurazioni, che potrebbe portare a grandi vantaggi, sia per il cliente che per le compagnie, con la creazione di prodotti ad hoc.
Si va, infatti, dalla diminuzione delle spese di gestione al potenziamento dei servizi passando per l’automatizzazione dei processi, tanto per fare alcuni esempi.
Un percorso questo che porterebbe il mercato assicurativo italiano ad equipararsi a quello più avanzato degli altri Paesi europei, se solo fosse sfruttato meglio, ma che invece stenta a decollare.
In Italia, infatti, le assicurazioni non riescono ancora a sfruttare a pieno le potenzialità dei Big Data. Soprattutto in questo momento storico, stravolto dalla pandemia da Covid-19, si avverte ancora di più il bisogno di affidarsi a previsioni e a dati affidabili e precisi.
Dall’ultimo osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano emerge, invece, un sempre più ampio divario tra quelle aziende che hanno saputo sfruttare l’onda della pandemia per affidarsi ai dati e quelle che, al contrario, hanno messo un freno ai progetti di Big Data.
Tra queste ultime vi sono, appunto, le assicurazioni che, secondo l’Osservatorio, si piazzano nelle posizioni più basse tra i settori propensi alle logiche 'data driven', con una quota di mercato che sfiora appena il 7%, dietro settori ben più maturi quali il manifatturiero (24%), telco e media (14%).
Ancora, mentre in Europa il mercato assicurativo è sempre più attento ai dati degli utenti con l’84% delle compagnie che già ricorre alle tecnologie legate ai Big Data, l’Italia resta al palo.
Oggi viviamo in un mondo sempre più digitale e la maggior parte dell’economia si basa appunto sui dati. Un processo, questo, che ha avuto una accelerazione anche grazie alla pandemia da Coronavirus che in questi ultimi mesi ha trasformato il nostro modo di vivere, lavorare, muoverci.
Tutte le informazioni in formato digitale costituiscono, appunto, i Big Data: enormi volumi di informazioni che attraverso determinati software possono essere raccolti e analizzati diventando un ‘valore’ a cui le aziende di tutto il mondo possono accedere per diventare più agili, più competitive e più vicine al cliente.
I Big Data stanno rivoluzionando anche il settore delle assicurazioni, da sempre basato sull’utilizzo dei dati, importanti soprattutto nel valutare i rischi e quindi poter stabilire il premio. Ed è soprattutto nel ramo danni che, infatti, i Big Data vengono utilizzati.
La "rivoluzione" sta, innanzitutto, nell’accesso a nuovi tipi di dati, non solo quelli tradizionali (dati demografici o di comportamento), ma soprattutto quelli che arrivano dai social network, dai movimenti bancari, dalle carte di credito, o, ancora, dai nuovi dispositivi tecnologici come le scatole nere delle auto. E non solo.
A queste si aggiunge anche l’ultima evoluzione del mercato assicurativo, ossia la smart box per la casa. Tutti questi prodotti innovativi, attraverso l’intelligenza artificiale, forniscono alle compagnie i dati, appunto, che elaborati da sofisticati modelli permettono di analizzare in maniera più accurata il comportamento degli assicurati e costruire, così, algoritmi che prevedono come, dove e quando vuole essere protetto il cliente.
Si riesce, in questo modo, anche a quantificare meglio i costi relativi ai rischi, per poter offrire pacchetti personalizzati e offerte in linea con il cliente. A ciò si aggiungono prodotti sempre più ‘moderni’, come le assicurazioni on demand, istantanee e pay-per-use.
In primis, nella valutazione del rischio con conseguente fissazione dei premi. L’esempio più lampante è proprio quello delle scatole nere sulle automobili.
Attraverso i dati forniti da questi strumenti, infatti, per le compagnie assicurative è possibile ridurre il premio, offrire offerte vantaggiose e notevoli sconti. Ancora, l’analisi dei dati permette alle compagnie di conoscere bene i propri clienti e, soprattutto, le esigenze di cui necessitano.
Ciò è importante per acquisire nuovi assicurati e allo stesso tempo fidelizzare quelli già esistenti. I Big Data permettono, inoltre di migliorare l’interazione con i clienti e puntare ad un marketing più mirato con nuovi modelli di distribuzione (come ad esempio assistenti virtuali, robot-consulenti e chatbot).
Le assicurazioni, inoltre, grazie ai Big Data riescono a modernizzare il modello di business riducendo costi e migliorando i processi, ma soprattutto possono muoversi in un’ottica di preventive insurance, in modo da prevenire, appunto, l’eventuale danno del cliente, eliminando quanto più possibile la fase del risarcimento.
Ancora, permettono di personalizzare servizi e pricing, offrire polizze alternative come quelle peer-to-peer, micropolizze, on demand e altre. Nella gestione dei sinistri, poi, i Big Data sono utili non solo per ridurre i costi ma anche per limitare le frodi.
Qualcosa sembra muoversi, ma ovviamente la situazione è diversa nei differenti rami. Per esempio, nelle assicurazioni Vita e Salute, l’utilizzo dei Big Data permette di sviluppare nuovi tipi di assicurazione che possono diventare modelli di prevenzione e incoraggiare nuovi stili di vita.
La situazione è più semplice per il ramo danni, dove ci sono meno problemi nell’utilizzo dei dati che essendo spesso crittografati (quelli dei GPS usati per le assicurazioni auto, per esempio) riguardano meno la sfera personale, quindi non si tratta di dati sensibili.
Tuttavia, in questi ambiti l’utilizzo di Big Data pone anche non pochi problemi sulla tutela della privacy, l’etica e la sicurezza. L’Europa è stata pioniera in questo con il recepimento della normativa GDPR (General Data Protection Regulation), una regolamentazione standardizzata che però non è stata recepita in tutto il resto del mondo.
La sfida, dunque, resta quella di conciliare l’introduzione delle innovazioni tecnologiche con i dati personali degli assicurati. In questi anni di boom della ‘data economy’ i limiti imposti alla privacy e al trattamento dati non sono stati, infatti, adeguati. La raccolta e la gestione di tutte queste informazioni non può, dunque, essere un ‘far west’, soprattutto quando si parla di dati personali e sensibili.
Percorso, però, che ad oggi appare ancora in salita anche se sta sempre più emergendo il cosiddetto ‘ethical approach’, l’approccio, cioè, etico ai dati. Sempre più aziende, infatti, stanno scegliendo di seguire questa 'strada' attraverso la trasparenza, l’equità e un utilizzo dei dati che ha come ultima ratio il miglioramento dei servizi in ottica customer centric, capace di restituire reale valore al cliente finale.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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