25 mar 2024 | 3 min di lettura
Alla luce del sempre crescente numero di operazioni di trading con Bitcoin, Ethereum e criptovalute, le autorità italiane hanno introdotto normative per la loro tassazione al fine di chiarire il quadro normativo fino ad ora nebuloso.
L’Italia ha deciso di colmare, almeno parzialmente, questo vuoto normativo con la legge di bilancio 2023.
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I possessori di divise digitali e cripto asset non usufruiscono di canali tradizionali, ma ricorrono a wallet di varie blockchain e account su piattaforme dedicate (gli exchange).
I prodotti finanziari tradizionali sono disponibili tramite intermediari vigilati che agiscono come sostituti d’imposta gestendo gli aspetti fiscali delle operazioni di trading dei loro clienti. La contabilità di queste operazioni che scaturiscono da fonti diverse è quindi complicata.
Prima della Legge di bilancio 2023, le norme Italiane non contemplavano definizioni di criptovalute. Una risoluzione 2016 dell’Agenzia delle entrate assimilava le valute virtuali a quelle estere ai fini della dichiarazione dei redditi.
Tuttavia ciò collideva paradossale con la non-territorialità della tecnologia blockchain e l’uso speculativo delle monete virtuali da parte di molti detentori di esse.
Per dichiarare le criptovalute bisogna compilare i quadri RW e RT del Modello redditi persone fisiche:
Per la dichiarazione dei redditi 2023 che rendiconta i redditi del 2022, sussiste ancora questa direttiva.
Le nuove normative per la dichiarazione dei redditi del 2024 definiscono come cripto-attività:
Le divise digitali non saranno quindi più equivalenti a quelle estere. A meno che operatori autorizzati in Italia custodiscano le cripto, rimane l’obbligo dichiarativo nel quadro RW. Il quadro RT illustrerà invece le plusvalenze superiori ai duemila euro a cui si applica l’aliquota del 26%.
La soglia su cui calcolare il dovuto all’Erario oggi si misura sui profitti e non più sul valore complessivo del portafoglio. Ai fini del rendiconto delle plusvalenze non sono fiscalmente rilevanti le conversioni da una cripto-attività a un’altra dello stesso tipo, come l’acquisto di Ethereum con Bitcoin o lo scambio di un nft con un altro.
La conversione di un cripto-asset in valute fiat, l’acquisto di nft con monete virtuali o gli acquisti di beni o servizi con una qualsiasi cripto-attività generano invece una plusvalenza e sono fiscalmente rilevanti. Anche con questa nuova disciplina non è però chiaro il trattamento riservato alle stablecoin.
La nuova normativa prevede anche un’imposta di bollo del 2x1000 sul totale detenuto in cripto-attività. Tuttavia, ciò ha destato perplessità visto che il valore delle monete digitali è molto fluttuante.
Le autorità italiane hanno anche concesso una sanatoria per regolarizzare posizioni che risalgono agli anni precedenti dietro il pagamento di una mora e la possibilità di rivalutare le cripto in portafoglio al valore del 1° gennaio 2023. In questo caso la rivalutazione ridurrebbe le plusvalenze e di conseguenza anche le imposte dovute.
In attesa che le piattaforme possano fare da sostituti d’imposta e nonostante ci sia maggiore chiarezza normativa, il contribuente dovrebbe comunque avvalersi di servizi ad hoc per la rendicontazione del proprio patrimonio cripto ed evitare di incorrere in sanzioni fiscali per posizioni pregresse.
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