13 lug 2022 | 3 min di lettura | Pubblicato da Giorgia N.
Le offerte di telefonia mobile permettono ormai di giocare anche direttamente sullo smartphone. Se tuo figlio passa ore al cellulare è probabile che trascorra la maggior parte del tempo giocando a videogame. Giochi che spesso creano dipendenza, e lo spingono a fare microtransazioni continue, spendendo anche decine di euro.
Colpa delle Loot box, letteralmente "bottini", che nel corso del gioco vengono continuamente offerti a pagamento, sotto forma di scatole e forzieri dal contenuto misterioso. Non sai cosa c'è dentro finché non le apri, ma puoi trovare premi, "alleati" o proprietà che rafforzano il tuo personaggio, e ti aiutano a vincere o proseguire nel gioco. A volte sono indispensabili, perché senza non si va avanti nel game. Il problema è che secondo più di uno studio queste scatole magiche sono l'anticamera del gioco d'azzardo, creano dipendenza. Anche perché chi gioca non ha modo di sapere cosa c'è dentro la scatola prima di acquistarla, cosa che rende il meccanismo simile al gioco d'azzardo.
Di loot box si nutre ormai l'industria dei videogame, che basa i suoi ricchi fatturati su questo meccanismo, vera fonte di guadagno in un mercato in cui la maggior parte dei game si possono ormai scaricare gratuitamente. Secondo quanto scrive l'associazione di consumatori Adiconsum, negli ultimi due decenni gli acquisti in-game e le vendite in-game di contenuti digitali aggiuntivi sono diventati una delle principali fonti di entrate per il settore, generando oltre 15 miliardi di dollari nel 2020.
Il fenomeno è ormai talmente diffuso che ha messo in allarme le associazioni europee di consumatori. Il Norwegian Consumer Council ha pubblicato il rapporto "Insert coin: how the gaming industry exploits consumers using loot boxes", e ben 19 organizzazioni in 17 Paesi,- Adiconsum per l'Italia – stanno avviando un’azione coordinata per chiedere alle Autorità di agire.
La preoccupazione maggiore scaturisce dal fatto che sono il più delle volte i bambini il target privilegiato di questo "gioco", irretiti spesso con meccanismi definiti "predatori", che promuovo la dipendenza attraverso gli escamotage più diversi, dai trucchetti per spingere i giocatori a comprare la scatola più costosa, al design, che sembra progettato per innescare rilasci di dopamina durante l'apertura dei pacchetti. In più, nulla fa pensare al consumatore che in quel momento sta spendendo del denaro vero. Per i pagamenti vengono infatti il più delle volte utilizzate valute virtuali, così che il consumatore non si renda conto di quanto sta sborsando.
A livello normativo nulla ancora si muove, ma i genitori possono ancora usare qualche contromisura. La prima è attivare una App di controllo genitori, che consente di monitorare gli eventuali acquisti in app, e anche i giochi scaricati da telefono. A quel punto, prima che il minore scarichi una App gioco, è possibile verificare se quella applicazione dà la possibilità di acquistare beni o servizi durante il suo utilizzo. Per capirlo basta individuarla nello store, e poi cercare la dicitura "Acquisti in-app", che si trova di solito sotto il nome, vicino al prezzo o al pulsante "Installa".
In secondo luogo bisogna capire se il proprio smartphone e quello del proprio figlio è associato alla propria carta di credito o a un altro sistema di pagamento, tramite Google Play o Apple Store. In caso positivo, meglio verificare che per effettuare gli acquisti sia sempre necessaria la password.
Pugliese trapiantata in Emilia, giornalista professionista dal 2005, laurea in filologia romanza e master in giornalismo all’Università di Bologna.
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