16 nov 2023 | 2 min di lettura | Pubblicato da Marco B.
Le differenze sul fronte del salario a seconda dei territori in Italia si stanno ampliando.
La valutazione arriva dall'Ufficio Studi della Cgia di Mestre. In media la retribuzione nazionale lorda ammonta a 21.868 euro ma, se quella dei dipendenti privati milanesi è di 31.202 euro, per i palermitani scende a 16.349 euro.
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Confrontando la media della retribuzione di queste due città emerge che quella dei dipendenti privati in provincia di Milano è di 31.202 euro, mentre quella di Palermo di 16.349 euro (-90%).
Il record negativo spetta alla provincia di Vibo Valentia (Calabria), con 11.823 euro. Rispetto ai vibonesi, i lavoratori milanesi guadagnano il 164% in più.
Le differenze tra gli stipendi italiani, spiega la Cgia, dipendono principalmente dalla presenza nelle aree metropolitane del Nord di multinazionali, utilities, imprese medio-grandi e società finanziarie, assicurative e bancarie.
Queste offrono stipendi superiori alla media anche perché hanno personale qualificato con elevati livelli di istruzione. Mentre il lavoro irregolare nel Mezzogiorno contribuisce a tenere più bassi gli stipendi contrattualizzati.
Le differenze territoriali, grazie alla contrattazione centralizzata, si riducono e sono inferiori a quelle di altri Stati europei se si confrontano i dati nello stesso settore.
Comunque la provincia di Milano è quella con gli stipendi medi più elevati (31.202 euro), seguita da:
Gli stipendi più bassi sono quelli percepiti a:
Attualmente, comunque, il 54% dei lavoratori privati lavora in base a contratti nazionali scaduti. Quindi secondo la Cgia occorre migliorare la contrattazione di secondo livello per adeguare gli stipendi alle specifiche realtà territoriali e aziendali.
Essendoci contratti stabiliti al livello centralizzato, perché tra Nord e Sud si registra questa differenza per quel che riguarda l'ammontare dei salari? La Cgia ritiene che non dipende tanto dai minimi tabellari bassi, quanto dal numero limitato di giornate lavorative svolte durante l'anno.
Quindi bisognerebbe limitare i contratti a tempo ridotto. Una soluzione migliore, secondo la Cgia, sarebbe quella che punta a istituire un salario minimo per legge.
Poi, oltre ad arrivare un aumento degli stipendi, bisognerebbe continuare il taglio dell'Irpef e promuovere la contrattazione decentrata, puntando sulla decontribuzione e sugli obiettivi di produttività.
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