2 ott 2023 | 3 min di lettura | Pubblicato da Eleonora D.
I salari dei dipendenti e i guadagni dei liberi professionisti non riescono più a tenere il passo con l'aumento dei costi della vita.
Nel 2022, secondo dati forniti da Mediobanca, il potere d'acquisto degli italiani è diminuito del 22%.
Ma quali sono le implicazioni di questa crisi scaturita dall'inflazione?
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Mediobanca lo definisce "il disastro dei salari", un termine che cattura efficacemente l'aumento del costo della vita e l'ampio declino del potere d'acquisto delle famiglie.
Oggi, a causa dell'incremento dei prezzi dovuto all'inflazione, persino affrontare le spese quotidiane è diventato un'impresa per molte famiglie, per non parlare degli oneri legati alle tasse, alle bollette luce e gas e ai mutui.
I dati forniti da Mediobanca rivelano una situazione allarmante: ecco qual è il quadro attuale.
Il potere d’acquisto degli italiani è crollato del 22% nel 2022, ma il dato riguarda solo la categoria dei lavoratori, la più penalizzata dall’inflazione, a causa di un costo medio unitario del personale cresciuto appena del 2%.
Le imprese invece, dal canto loro, hanno affrontato meglio il caro vita. Il fatturato nominale delle aziende italiane è aumentato del 30,9% (lo 0,6% in termini reali), le performance sono state abbastanza positive e gli utili sono cresciuti del 26,2%.
Ciò che emerge dal report dell’Area Studi di Mediobanca è la forte disparità in termini di potere d’acquisto dei lavoratori da un lato, e dei datori di lavoro dall’altro. La condizione retributiva viene definita "depressa", tanto è vero che l’Italia rappresenta l’unico paese dell’Ocse in cui gli stipendi sono più bassi oggi, rispetto a 30 anni fa.
Nell'industria, il costo del lavoro si è drasticamente ridotto nell'arco di 40 anni. Nel 1980, rappresentava il 18,2% del fatturato; oggi, ci fermiamo all'8,4%. Questo - illustra Mediobanca - è conseguenza di fattori come
Nel dettaglio, l'industria ha registrato un notevole aumento dei ricavi, soprattutto grazie alle attività petrolifere ed energetiche, che hanno contribuito a un aumento del 36,2%. Tuttavia, quando si escludono queste attività, l'aumento si riduce al 15,3%.
Nel settore terziario, la dinamica dei ricavi è stata più moderata, con una crescita complessiva del 9,7%. Questo settore comprende varie industrie, tra cui la distribuzione al dettaglio, le telecomunicazioni, i trasporti e l'emittenza radiotelevisiva. Tuttavia, depurata dall'inflazione, la crescita reale dei ricavi è risultata modesta, con un aumento dell'1,4% per l'industria in senso stretto e dell'1,3% per la manifattura.
In termini reali, alcuni settori si sono distinti positivamente, come la moda, l'elettronica e l'industria farmaceutico-cosmetica, che hanno registrato incrementi significativi dei ricavi.
In sostanza, se il crollo del potere d’acquisto riguarda più da vicino i lavoratori, l’inflazione ha impattato in modo significativo anche sulle imprese, seppur limitatamente ad alcuni settori.
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