11 apr 2023 | 3 min di lettura | Pubblicato da Giorgia N.
Quando si parla di telefonia mobile la tecnologia 5G è ancora poco diffusa e conosciuta, e in qualche caso desta sospetti e paure. Secondo un recente sondaggio di Adiconsum, oltre la metà dei rispondenti, il 56%, ne ha una conoscenza minima o nulla. In particolare, chi ha tra i 44 e i 58 anni, e non appartiene cioè alla generazione dei nativi digitali, ha un approccio ambivalente verso il 5G.
E se da un lato vuole acquisire familiarità con esso, dall’altro rimane prudente sugli ipotetici effetti che lo sviluppo di questa tecnologia potrebbe comportare per la salute.
Quello rischi legati all'esposizione ai campi elettromagnetici e ai possibili effetti sul corpo umano, è un tema ancora aperto. Secondo diversi studiosi, la tecnologia 5G non dovrebbe però destare particolari preoccupazioni, in quanto il suo meccanismo di funzionamento non è molto diverso rispetto a quello delle tecnologie già in uso. Inoltre, il livello di emissioni applicato fino ad oggi, stando agli studi condotti fino a oggi, non mostra danni per la salute della popolazione. Tuttavia gli studi epidemiologici condotti fino a oggi non sono tantissimi.
E' però appena partito un grande studio europeo, che ha lo scopo di valutare l’eventuale impatto sulla salute dell’esposizione ai campi generati dal 5G. Il progetto si chiama Ue SEAWave, è finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon Europe e sarà condotto da un consorzio di 16 partner di ricerca, tra cui per l'Italia c'è Enea, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile.
Obiettivo del progetto di ricerca, che durerà tre anni, è quello di identificare le differenze nei modelli di esposizione tra le reti 2G, 3G e 4G rispetto al 5G per l’intera popolazione, compresi i bambini e i lavoratori. Grazie allo studio saranno inoltre forniti gli strumenti tecnologici necessari per valutare in modo affidabile l’esposizione ai campi, e contribuire alle conoscenze scientifiche per calcolare i rischi effettivi. "Saremo in grado di testare i potenziali rischi correlati a un’esposizione cronica alla nuova banda di frequenza per i tessuti bersaglio, in particolare quello cutaneo", ha spiegato Mariateresa Mancuso, responsabile del Laboratorio Enea Tecnologie biomediche e coordinatrice del progetto per l’Agenzia.
Il 5G si serve di bande di frequenza di diverso tipo. La bassa, la media e la alta, che offre il massimo delle prestazione, ed è quella che consentirà in concreto il trasferimento rapido di grandi quantità di dati: per raggungere i risultati promessi, c'è però bisogno di una rete più diffusa, soprattutto nei luoghi dove è previsto un grande utilizzo, come aeroporti, stazioni e centri commerciali. E' soprattutto questo aspetto che verrà esaminato nel corso dello studio.
"I chiari vantaggi offerti da questa nuova tecnologia basata sulle onde millimetriche e l’impatto sull’economia mondiale sono ormai indiscussi", ha detto Mariateresa Mancuso. "Bisogna considerare, però, che è la prima volta che le frequenze nella banda del 5G vengono impiegate per la connessione di dispositivi palmari, utilizzabili in prossimità del corpo o addirittura indossabili. Quindi, risulta quanto mai necessaria una corretta valutazione del rischio sulla salute - basata completamente sull’evidenza scientifica - per verificare eventuali rischi per l’uomo".
Non è la prima volta che l'Agenzia italiana effettua ricerche di questo tipo. Già in passato, nei laboratori dell'Enea sono stati condotti studi per misurare gli effetti dei campi elettromagnetici in relazione alle tecnologie 2G, 3G e 4G. In quelle occasioni la ricerca si era concentrata sul sistema immunitario, nervoso, ematopoietico, uditivo e sugli aspetti legati alla cancerogenesi, con risultati tranquillizzanti.
Pugliese trapiantata in Emilia, giornalista professionista dal 2005, laurea in filologia romanza e master in giornalismo all’Università di Bologna.
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