15 dic 2022 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Tetto al contante sì o no?
In Italia il confronto politico di questi giorni si concentra proprio sull'obbligo previsto in manovra, al momento, di accettare pagamenti digitali con carta o bancomat a partire dai 60 euro e sull'innalzamento del tetto al contante dagli attuali 2mila euro ai 5mila euro dal prossimo 1° gennaio 2023.
Da un lato critiche al nuovo tetto per il contante sono arrivate sia dalla Corte dei conti e Confindustria che da Bankitalia e dal Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel): “Soglie più alte per l’utilizzo del contante favoriscono l’economia sommersa”, ha detto Fabrizio Balassone di Banca d’Italia in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Dall’altro lato la premier Giorgia Meloni difende il provvedimento: “Abbiamo aumentato il tetto al contante perché sfavorisce la nostra economia – ha detto il primo ministro. "Crea problemi alla nostra economia perché siamo in un contesto europeo e a livello europeo non esiste un tetto europeo al contante. L’anno in cui c’è stato meno evasione fiscale – ha sottolineato – è stato il 2010 e il tetto al contante era 5mila euro. Più fai salire il tetto al contante, meno favorisce l’evasione”.
Anche il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha lasciato intendere a più riprese che non si tornerà indietro su queste misure. Specialmente ora che l'Ue ha fissato a 10mila euro il tetto sul contante.
A dare man forte alla decisione del governo, appunto, arriva la recente decisione dell'Ue che fissa un tetto massimo di 10mila euro per i pagamenti in contanti. La Commissione europea lascia, comunque, la facoltà agli Stati membri di fissare delle soglie massime più basse.
Si tratta della prima volta che l’Unione Europea interviene sul limite al contante. Al momento, infatti, esistono regole diverse in ciascuno stato membro. Secondo i dati dell’European consumer centres network, il tetto al contante a inizio 2021 esisteva solo in dodici Paesi su trenta (considerando nella ricerca anche Norvegia, Regno Unito, Islanda).
C’è però da dire che la situazione in Italia, come dimostrano anche i dati sull’Iva evasa, è diversa da quella degli altri Paesi.
Secondo l’ultimo report della Commissione sulla riscossione dell’Iva, infatti, l’Italia è il Paese dell’Ue che preoccupa di più: Roma è al primo posto della classifica per evasione, con 26,2 miliardi su un totale di 93 tra tutti gli stati membri. Al secondo posto, ma ben distaccata, la Francia con un’evasione pari a 14 miliardi, a cui segue la Germania con circa 11 miliardi. Dato che, comunque, riguarda l’evasione più che il riciclaggio, motivo per cui è stato fissato il tetto al contante comunitario.
L'introduzione del limite ai pagamenti in contante è stato pensato, come detto, per combattere l’evasione fiscale. Il nostro Paese è uno dei 18 stati europei ad aver stabilito un limite ai pagamenti in contanti. In altre nazioni, ben nove, invece, tale limite non sussiste. Si tratta dell’Austria, dell’Estonia, di Cipro, della Finlandia, dell’Ungheria, della Germania, dell’Irlanda, dell’Olanda e del Lussemburgo. Un limite diverso, a mille euro, è, invece, fissato in Francia, Spagna e Svezia, mentre la nazione con il tetto più basso è la Grecia con soli cinquecento euro.
Tra i Paesi che invece hanno stabilito un tetto più alto, ci sono, ad esempio, la Croazia con 15mila euro, la Repubblica Ceca e Malta (con 10mila euro), la Lettonia (con 7.200 euro), la Slovacchia e la Slovenia (5mila euro), la Polonia (3.300 euro), il Portogallo e la Lituania (3mila euro), la Danimarca (2.700) e la Romania (2mila).
Dal 1° gennaio 2023 la soglia per l’uso del contante aumenterà a 5mila euro. La proposta, voluta dalla Lega, inizialmente prevedeva l’ipotesi di alzare il tetto contante anche a 10mila euro, ma dopo una frenata interna alla maggioranza, è stato approvato e inserito in manovra l’innalzamento a 5mila euro. Fino al 31 dicembre 2022, ricordiamo, il limite contanti è fissato a 2mila euro.
Una lunga storia quella del tetto al contante. Questa misura, infatti, è stata più volte rivista negli anni: nel 2016, infatti, era stato fissato a 3mila euro; poi nel 2020 era sceso a 2mila euro per poi scendere ancora di più, a mille euro nel 2022 anche se, con un emendamento approvato durante la conversione del Dl Milleproroghe di quest’anno, questa riduzione era stata posticipata al 2023.
Con questa nuova revisione del tetto voluta dal governo Meloni la soglia passa, dunque, a 5mila euro, a partire dal 1° gennaio 2023.
Attualmente la soglia dei 2mila euro non può essere superata per le seguenti operazioni:
Sono vietati i pagamenti frazionati, cioè quei pagamenti che, divisi con una certa cadenza, superano i 2mila euro. Sono invece consentiti i pagamenti misti, cioè quelli effettuati una parte in contanti e una parte con pagamento elettronico.
Ad esempio, un bene dal valore di 3mila euro può essere acquistato tranquillamente attraverso un pagamento di 1.500 euro in contanti e di 1.500 euro tramite carta di credito o bonifico bancario. Nessuna limitazione, invece, al tetto per i prelievi e i versamenti in banca o all’ufficio postale. E questo perché non si ha, in questo caso, una transazione tra privati ma un’operazione diretta con il proprio istituto di credito.
Le multe per chi non rispetta il tetto sono pari a mille euro per i privati cittadini e comprese tra 3mila e 15mila euro per i professionisti.
Giornalista professionista, Giusy Iorlano è laureata in Scienze politiche presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma con una tesi in studi strategici.
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