5 lug 2024 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
Lo scorso 6 giugno la Banca centrale europea (Bce) ha tagliato i tassi di riferimento di un quarto di punto percentuale portando il costo del denaro al 3,75%.
Dopo 10 rialzi consecutivi, iniziati nel luglio 2022 e finiti a ottobre dello scorso anno, la stretta monetaria sembra, dunque, allentarsi.
Stretta che ha portato il tasso dei depositi (tasso sul quale si basano le condizioni di mercato) presso la Banca centrale da -0,50% fino al 4%.
Un taglio dei tassi che, ovviamente, porterà a delle conseguenze non solo per i Titoli di Stato che vedranno muovere al ribasso il rendimento e potrebbero diventare meno appetibili, ma anche per tutti i prodotti che remunerano la liquidità (conti deposito, fondi monetari).
La Bce, comunque, non si è ancora espressa sull’eventuale ulteriore taglio dei tassi nei prossimi mesi, anche se la maggior parte degli analisti già ipotizza altri sei tagli da 25 punti entro il 2025 con manovre trimestrali. Ma quali saranno le conseguenze di tali tagli sui conti deposito?
Il risparmio è da sempre stato il vero motore dell’Italia e nel 2023 l’inflazione lo ha messo a dura prova erodendo. Secondo la fotografia scattata sulla ricchezza finanziaria della Banca d’Italia, pubblicata nella sua relazione annuale sul 2023, molti portafogli per gran parte dell’anno sono rimasti liquidi, parcheggiati sui conti di deposito, oppure sono stati investiti in titoli di Stato, i grandi protagonisti dell’anno sostenuti dalle tre emissioni del Btp Valore che il governo italiano ha riservato al retail e che hanno raccolto in totale quasi 60 miliardi.
L’analisi di Via Nazionale conferma che «la propensione al risparmio ha continuato a ridursi, arrivando al 6,3% per il complesso delle famiglie consumatrici, toccando il valore minimo almeno dagli anni 60 del secolo scorso e dopo essersi portata su valori particolarmente elevati nel corso della pandemia». Un bilancio che si riflette nello stock e nei flussi della ricchezza finanziaria delle famiglie.
Pur all’interno di un quadro con investimenti in calo, il fenomeno più rilevante, come accennato, riguarda il boom delle obbligazioni: «Le famiglie hanno modificato la composizione del portafoglio finanziario, incrementando l’esposizione in titoli obbligazionari, in primis i Btp, e riducendo i depositi a vista», si legge nella relazione.
I numeri che riporta il documento mostrano questa tendenza: i titoli di Stato italiani hanno attirato nel 2023 flussi per 113,7 miliardi, oltre il doppio rispetto ai 48,2 miliardi del 2022. La parte restante della raccolta sulle obbligazioni è rappresentata dai titoli esteri per 19,5 miliardi (6,2 miliardi nel 2022) e dai bond bancari italiani (14,2 miliardi dopo i flussi negativi per 765 milioni del 2022), mentre le obbligazioni societarie italiane hanno avuto flussi per circa 7 miliardi dopo i deflussi per circa 3 miliardi del 2022. Una parte di questa raccolta arriva dalla liquidità in uscita dai conti correnti: «È proseguita la ricomposizione del portafoglio in favore di attività i cui rendimenti hanno maggiormente seguito il rialzo dei tassi di riferimento: i depositi a vista sono scesi per la prima volta dal 2012 e per un ammontare molto elevato, riflettendo l’incremento del costo opportunità di detenere attività liquide. Sono invece cresciuti gli altri depositi, ovvero quelli a durata prestabilita» come i conti di deposito vincolati, «per 30 miliardi, il valore massimo dal 2013». Gli investimenti in obbligazioni sono triplicati, portando il loro peso al 7,5%; l’aumento è stato forte per i titoli pubblici italiani, la cui incidenza è salita al 4,8%, il massimo dal 2013, anche se inferiore a quella prevalente prima della crisi dei debiti sovrani. Oltre che con l’acquisto diretto, le famiglie investono in titoli pubblici indirettamente tramite il risparmio gestito (fondi comuni, polizze assicurative e fondi pensione).
Fino a qualche mese fa i conti deposito con vincoli a lunga scadenza erano molto premiati dal mercato bancario: basti pensare che c’erano istituti di credito che, per un vincolo di 5 anni, mettevano sul piatto tassi di interesse che superavano anche il 6% lordo annuo.
Adesso che il vento è cambiato anche le banche hanno cambiato prospettiva. In attesa delle prossime decisioni dell’Eurotower (di abbassare i tassi) gli istituti di credito di casa nostra hanno cominciato a giocare d’anticipo, ritoccando all’ingiù i rendimenti sul lungo periodo e valorizzando invece quelli sul breve periodo per non impegnarsi troppo con i piccoli risparmiatori in vista delle decisioni che prenderà la Banca centrale.
Ancora non è possibile stabilire quale sarà il reale effetto sui conti di deposito del taglio dei tassi di 25 punti base deciso il 6 giugno dalla Bce. Si può, tuttavia, fare qualche previsione analizzando l’evoluzione dei rendimenti dei depositi con scadenze lunghe, che avevano anticipato la manovra della Bce. Mettendo a confronto i tassi del vincolo di 60 mesi a maggio 2023, con quelli di maggio 2024, c’è una riduzione media di 36 punti base. Dunque, i risparmiatori che hanno scelto i vincoli più lunghi si sono assicurati fino a scadenza un tasso medio di oltre il 3% lordo annuo che, in alcuni casi, arriva fino al 4,50%. Dal rendimento occorre detrarre l’imposta del 26% e la «patrimonialina» dello 0,20% sulla giacenza.
Nell’attuale scenario ad essere competitivo con i conti di deposito è il Btp Valore. L’emissione di maggio, durata di sei anni, ha offerto un rendimento lordo annuo crescente nel tempo: 3,35% per i primi tre anni e 3,90% per i successivi tre, più il premio dello 0,8% a scadenza.
E proprio il Btp valore, insieme ai conti di deposito, in questo momento, per difendere la liquidità, i restano due delle migliori opzioni. In entrambi i casi l’importante è riuscire a mantenere l’investimento fino a scadenza. Ovviamente i conti di deposito offrono qualche vantaggio in più: si può scegliere la scadenza del vincolo (l’offerta di solito va dai tre ai sessanta mesi), può essere aperto in qualsiasi momento, mentre per il titolo di Stato occorre attendere le aste. Inoltre, alcuni istituti di credito offrono l’opzione del conto svincolabile con una riduzione del rendimento in caso di disinvestimento prima della scadenza stabilita.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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