28 feb 2020 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.
A novembre dello scorso anno, infatti, 1.577,3 miliardi di euro erano accantonati in conto corrente o conto deposito, più altri 240 miliardi di obbligazioni. Sempre nel mese di novembre, per la prima volta da oltre sette anni, le banche italiane hanno registrato un aumento della raccolta a medio e lungo termine, quindi tramite obbligazioni (soprattutto Btp), per circa 3,5 miliardi di euro in valore assoluto negli ultimi 12 mesi (+1,5%).
L'Associazione bancaria italiana ha sottolineato come i depositi, una voce che riunisce la liquidità sotto forma di conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine, sono aumentati di oltre 116 miliardi di euro rispetto a un anno prima (+7,9% anno su anno). Sommando quindi le due voci, la raccolta complessiva (depositi da clientela e obbligazioni) è cresciuta del 7% a novembre 2019.
La liquidità degli italiani, dunque, continua a salire e ad essere parcheggiata senza essere investita né spesa, segnale questo di incertezza sul futuro vista la congiuntura italiana, l’instabilità politica e la minore fiducia nei mercati finanziari.
A parlare sono gli ultimi dati di Bankitalia che evidenziano uno stock di 1.400 miliardi di euro sui conti correnti, in pratica l’80% del Pil. E’ come se a livello pro-capite ogni italiano (neonati inclusi) avesse in banca oltre 23mila euro di liquidi.
Dal 2008, data simbolo della grande crisi, la massa di liquidità è, infatti, aumentata di circa 300 miliardi. Il trend è stato in costante crescita anche negli ultimi anni nonostante il clima sui mercati finanziari sia stato sicuramente più accomodante. Una crescita continua, inesorabile, dunque, che testimonia anche l’ancoraggio psicologico inestricabile dei risparmiatori di casa nostra alla liquidità, che continua a crescere nei conti correnti. Insomma, gli italiani parcheggiano il proprio denaro in banca senza considerare altre opzioni, anche se non rendono niente o al massimo intorno all’1%. Una scelta, questa, assolutamente controproducente per le tasche italiche ma preferita rispetto all’idea di assumersi un qualche rischio finanziario.
Però ci sono Paesi che fanno meglio: i miliardi di euro conservati nelle banche tedesche sono 3mila (il 90% del Pil); la Francia conta 2.200 miliardi di depositi a vista (il 92% del Pil) e la Gran Bretagna (al di fuori dell’Eurozona) ha superato la soglia dei 2mila miliardi. In quindici anni, dal 2005 ad oggi, la liquidità europea si è raddoppiata perché, appunto, è aumentato il bisogno di sicurezza da parte dei risparmiatori. Sicurezza che costa. Dal 2000 ad oggi, l’Eurozona ha generato un’inflazione del 30%, quindi chi non ha mosso da allora i soldi dal conto corrente, solo per effetto dell’erosione del potere d’acquisto ha subito una perdita del 30%.
Le priorità, dunque, sul fronte degli investimenti sono cambiate: se in passato era ottenere un rendimento elevato, adesso la parola d’ordine è diventata “sicurezza”. E il conto corrente si è trasformato in quello che un tempo era il materasso.
Dall’ultima indagine Acri-Ipsos sugli italiani e il risparmio, infatti, emerge che le preoccupazioni future, come motivazione del risparmio, salgono dal 37% al 48%, mentre rimane stabile al secondo posto, 26%, la volontà di risparmiare per un progetto futuro.
Non perde vigore la predilezione degli italiani per la liquidità dei propri risparmi: a preferire questa modalità è infatti il 63%, “sia per indole, sia per trovarsi più preparati in un contesto incerto”. Ma sale anche nel frattempo il numero di coloro che scelgono di affidarsi al risparmio gestito: sono il 16%, in aumento di 4 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
Il risparmio viene, quindi, tesaurizzato ancora in gran parte in liquidità, vuoi per una ridotta facilità di trovare un investimento ideale, vuoi per la diffidenza verso norme ed istituzioni che lo tutelano (60% ritiene non sia adeguatamente tutelato). Infatti, in una situazione in cui il risparmio gioca un crescente ruolo di autoassicurazione, questa ridotta fiducia non può che confermare la predilezione per la liquidità.
Potrebbe, però, essere solo una questione di tempo prima che le famiglie decidano di destinare risorse anche ad altre forme di investimento, con un profilo di potenziale rendimento superiore alla liquidità, specialmente in area Euro. E questo nonostante, sempre secondo l’indagine Acri-Ipsos, si fatica ancora a trovare l’investimento ideale, a tal punto che per il 35% l’ideale è proprio non investire, tenersi i soldi o spenderli, dato in crescita di 5 punti nel 2019 rispetto al 2018. Scende di 6 punti l’attrazione verso titoli considerati più sicuri, oggi ideali per il 25%, rimangono stabili il ‘mattone’ al 33% e gli investimenti più rischiosi al 7%. Nei fatti aumentano i correntisti (85%) e coloro che approcciano il risparmio gestito (16%, + 4 punti).
Per quanto riguarda invece la gestione del risparmio,“emerge il desiderio di impatto sociale e ambientale positivo delle proprie scelte di risparmio (22%)”. Secondo l’indagine cresce infatti la consapevolezza degli italiani rispetto ai temi della sostenibilità “il 71% ne ha sentito parlare, e di conseguenza la loro preoccupazione, che determina una volontà di agire in prima persona sia come consumatore (52% più attento nei consumi), sia come risparmiatore (36% più attento negli investimenti)”. La sostenibilità sembra diventare “quasi un prerequisito, piuttosto che un elemento di differenziazione, che in futuro non potrà non essere soddisfatto”.
Questo interesse offre quindi, “per chi saprà coglierla, una nuova prospettiva per ridurre la preferenza per la liquidità e per incrementare l’investimento in attività di impatto sociale ed ambientale” si legge nell’indagine. “C’è un trend sostenuto verso i mezzi e le forme di pagamento che si basano su un conto corrente ma bisogna anche constatare la propensione del risparmiatore a investire nel risparmio gestito.
Resta comunque molta prudenza e la predilezione per gli investimenti sicuri”, ha sottolineato il vice presidente dell’Acri, Gerhard Brandstätter.
L'investimento ideale per gli italiani, dunque, non esiste più. Secondo le previsioni degli esperti di JP Morgan, comunque, nell’anno che è appena cominciato, potrebbe risultare particolarmente redditizio puntare sulle azioni le quali, assieme alle banche giapponesi, all’azionario tedesco e agli emergenti si riveleranno elementi da non sottovalutare.
A chi si è chiesto dove investire nel 2020, gli esperti hanno, in conclusione, da una parte consigliato l’azionario e dall’altra lanciato un vero e proprio avvertimento sul prezzo dell’oro, che dopo gli strabilianti guadagni del 2019 potrebbe tornare a perdere terreno.
Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma, due master, ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali occupandosi soprattutto di economia e finanza. Collabora da diversi anni con Milano Finanz
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