Conti correnti più sicuri: l’Europa cambia le regole per proteggere i risparmiatori
22 ago 2025 | 6 min di lettura | Pubblicato da Giusy I.

Per anni, la parola “crisi bancaria” ha evocato uno scenario ben preciso nella mente dei risparmiatori europei: incertezza, paura, lunghe code agli sportelli, il timore - o la realtà - di perdere i propri risparmi. Scene che abbiamo visto in Grecia, in Spagna, perfino in Italia con alcune banche locali finite sotto i riflettori per fallimenti clamorosi. Ed è proprio per evitare il ripetersi di situazioni simili che l’Unione Europea ha deciso di muoversi con determinazione.
A fine giugno 2025, infatti, è stato raggiunto un accordo tra Parlamento e Consiglio Ue per una profonda riforma del sistema di gestione delle crisi bancarie. Il cuore della novità è uno strumento nuovo, potenziato e condiviso a livello europeo, che consentirà alle autorità di proteggere meglio i depositi bancari anche quando le banche entrano in difficoltà. In altre parole, i conti correnti degli europei saranno più sicuri, e non solo sulla carta.
Questa riforma, che fa parte della revisione del quadro normativo noto come CMDI (acronimo inglese di Crisis Management and Deposit Insurance), rappresenta un passo importante verso un’Unione Bancaria più coesa, efficiente e soprattutto credibile agli occhi dei cittadini.
Cos’è cambiato?
Per capire l’impatto di questa riforma, basta immaginare cosa succede oggi quando una banca è in crisi. In molti casi, le autorità non hanno altra scelta che liquidare la banca, con un impatto potenzialmente devastante per l’economia locale, per le piccole imprese e, ovviamente, per i clienti. Se i depositi sono coperti (fino a 100 mila euro), bene. Ma se non lo sono? E se i fondi di garanzia nazionali non sono sufficienti?
È qui che interviene la nuova struttura: le banche in difficoltà potranno essere salvate attraverso l’uso coordinato dei fondi di garanzia dei depositi e del Single Resolution Fund, un fondo europeo già esistente, ma che finora era accessibile solo in pochi casi ben definiti.
Ora, grazie alla riforma, l’accesso a questi strumenti sarà più flessibile, rapido e mirato. Le banche più piccole, che in passato spesso non venivano “salvate” per mancanza di interesse pubblico, potranno invece essere oggetto di risoluzione (cioè di un intervento ordinato), se si dimostra che la loro scomparsa avrebbe un impatto negativo sulla comunità.
Un altro punto chiave è il rafforzamento del cosiddetto “least cost test”, ovvero la garanzia che l’intervento pubblico o para-pubblico non costi più del rimborso diretto dei depositi. Una misura che punta a mantenere l’equilibrio tra tutela del risparmiatore e responsabilità fiscale.
I conti correnti sono davvero più sicuri?
Questa è la domanda che molti si pongono. La risposta, per una volta, è semplice: sì, lo sono. Non solo perché i fondi di tutela sono più accessibili, ma anche perché le regole europee ora mettono al centro il depositante, rendendolo di fatto il soggetto più protetto nell’intera catena della crisi bancaria.
Fino a oggi, quando una banca falliva, c’erano molti passaggi da seguire: prima si cercava di farla assorbire da un’altra banca, poi si pensava a come proteggere i depositi. Il risultato? Tempistiche lunghe, incertezza per i clienti, e nei casi peggiori l’uso di soldi pubblici per salvare istituti in crisi.
La nuova riforma rovescia questa logica: se la crisi di una banca mette a rischio i depositi, si potrà intervenire con i fondi europei prima, evitando la chiusura dell’istituto e garantendo continuità ai clienti. Inoltre, i nuovi criteri di intervento non saranno più solo economici, ma anche territoriali e sociali: se una banca ha un ruolo cruciale in una certa area, questo verrà considerato nel decidere se salvarla o meno.
Ma quanto sono “ricchi” questi fondi?
Secondo i dati aggiornati a fine 2024, i fondi di garanzia dei depositi nazionali dell’Ue hanno già accumulato 79 miliardi di euro. A questi si aggiungono circa 80 miliardi del Single Resolution Fund, finanziato dalle stesse banche europee. Stiamo parlando, quindi, di oltre 160 miliardi di euro complessivi disponibili per gestire crisi bancarie, senza dover ricorrere al denaro dei contribuenti.
In più, con la riforma, anche i fondi privati delle banche - quelli destinati ad assorbire perdite, secondo i requisiti Mrel - vengono attivati per primi, creando una sorta di “cuscinetto multilivello” che protegge il cliente finale.
E l’Italia come si inserisce?
Il nostro Paese ha vissuto in prima persona le fragilità di un sistema bancario in crisi. Dal caso Banca Etruria a quello di Banca Marche, le crisi locali hanno scatenato polemiche, proteste e una profonda sfiducia nei confronti del sistema finanziario.
In Italia esiste già il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD), che copre fino a 100.000 euro per depositante per banca. Ma finora, in caso di crisi più gravi, il sistema ha fatto fatica a intervenire con la necessaria tempestività e trasparenza.
Con la riforma europea, l’Italia potrà ora contare su risorse aggiuntive europee, riducendo il rischio di dover attingere a fondi pubblici o, peggio, di lasciare i risparmiatori in balia degli eventi.
Inoltre, il nuovo sistema aiuterà anche a ridurre la disomogeneità tra paesi Ue, mettendo fine alla disparità tra Stati più solidi e Stati più esposti. Una banca italiana potrà essere salvata con la stessa efficacia di una banca tedesca o olandese, a parità di condizioni.
Quali sono le prossime tappe?
L’accordo politico è stato trovato, ma per diventare operativo dovrà ora essere formalmente adottato dal Parlamento Europeo e recepito dai singoli Stati membri. I tempi previsti parlano del 2027 come data indicativa per l’entrata in vigore effettiva delle nuove regole, anche se alcune misure potrebbero essere attivate prima.
Nel frattempo, le autorità nazionali e le banche dovranno prepararsi: adeguare le strutture, rivedere i piani di risoluzione, testare le nuove procedure. Un lavoro enorme, ma necessario, per rendere credibile e funzionale la protezione dei depositi.
Una svolta (vera) per il risparmio europeo
Questa riforma rappresenta forse uno dei cambiamenti più concreti mai adottati in ambito bancario europeo. Per anni si è parlato di completare l’Unione Bancaria, ma senza veri strumenti comuni. Ora, finalmente, l’Europa si è dotata di una rete di sicurezza che non è solo formale, ma sostanziale.
“Questo accordo rafforza la promessa fondamentale dell'Unione bancaria: che i fallimenti bancari possano essere gestiti in modo efficiente, equo e senza gravare sui contribuenti. È anche l'esempio perfetto di ciò che l’Unione può offrire ai cittadini europei”, ha dichiarato Maria Luis Albuquerque, commissaria per i servizi finanziari e l’Unione del risparmio e degli investimenti. “Con l’accordo raggiunto, che preserva gli obiettivi della proposta della Commissione, rafforziamo la protezione dei cittadini, delle imprese, delle pubbliche amministrazioni locali e della società in generale dagli effetti dei fallimenti bancari – ha aggiunto - Ciò irrobustirà la stabilità finanziaria, migliorerà la fiducia dei depositanti e, nel complesso, migliorerà la competitività dell’Ue. Questa riforma rappresenta inoltre una tappa importante per far progredire l’Unione bancaria e integrare ulteriormente i mercati bancari dell’Ue, che sono pilastri fondamentali dell'Unione del risparmio e degli investimenti”, ha concluso la commissaria.

Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma.
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