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Quando la banca può chiudere il conto corrente unilateralmente

31 gen 2020 | 3 min di lettura

conti news quando la banca puo chiudere il conto corrente unilateralmente

A chiarire la situazione relativa alla possibilità della chiusura di conti correnti in modo unilaterale ci ha pensato Alessio Mattia Villarosa.

Egli ha risposto in modo chiaro e preciso alle varie interrogazioni precisando che una situazione di questo genere può realmente accadere e non è proprio rarissima, come si potrebbe invece pensare.

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Stando a quanto spiegato dal Parlamentare Villarosa, le banche hanno il diritto alla chiusura unilaterale dei conti correnti in seguito alle indagini svolte dalla Guardia di Finanza oppure dalla Magistratura. Tali indagini devono riguardare i possibili reati finanziari, specialmente se è presente un livello di rischio di credito decisamente troppo elevato. Quest'azione ha una precisa base giuridica rappresentata dall'articolo numero 1845 del Codice Civile. Questo è anche l'unico evento in cui la banca può procedere alla chiusura unilaterale del conto, salvo un accordo contrario.

Tale azione comporta un'immediata sospensione dell'utilizzo del credito, tuttavia anche la banca che provvede alla chiusura del conto corrente deve rispettare dei termini e ha degli obblighi. Per esempio, tale banca è obbligata a concedere alla persona un termine di circa 15 giorni per restituire le somme utilizzate con gli accessori. Qualora l'apertura del credito fosse a termine indeterminato, una delle due parti potrebbe sempre procedere alla recessione dal contratto, ma in questo caso mediante un preavviso esplicato direttamente dai termini contrattuali stabiliti da ambo le parti.

I 15 giorni di limite prima specificati, sono da ritenere come il limite di preavviso che va applicato unicamente in mancanza di una specificare sulla durata del preavviso nel contratto. Una banca che intende rescindere il contratto di credito di un proprio clienti non può agire in altri modi. Stando poi a quanto riporta il Decreto Legislativo numero 206 del 2005, se il contratto è indeterminato, il professionista può recedere dallo stesso in presenza di un motivo senza alcun preavviso. In questo caso, dunque, la banca non viene tenuta ad applicare un termine minimo utile per chiudere il conto corrente del consumatore, ma può farlo senza alcun pro Il dlgs. n. 206/2005, ossia il Codice del consumo, all’art. 33, co. 3, lett. a) ha poi disposto che se il contratto abbia ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, il professionista può recedere dal contratto, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore”.

Questo vuol dire che, qualora un intermediario venga a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali a carico del cliente, cui sia associato un livello di rischio troppo elevato per essere gestito con misure di adeguata verifica rafforzata di cui alle disposizioni della Banca d’Italia in materia di adeguata verifica della clientela, rientrerebbe nell’autonomia negoziale di ciascun intermediario decidere di recedere dal contratto, in coerenza con l’obbligo di adeguare le misure adottate al rischio concretamente rilevato.

In merito, invece, alle limitazioni ai versamenti in contanti sul proprio conto corrente bancario, secondo la Banca d’Italia, il rifiuto da parte di diverse banche di prendere versamenti in contanti da parte degli utenti, non discende dalle limitazioni all’operatività in contanti previste dalla normativa antiriciclaggio, poiché tali limiti non si applicano ai trasferimenti che avvengono attraverso intermediari finanziari. In caso di frequenti e ingiustificate operazioni in contanti gli intermediari devono condurre specifici approfondimenti, anche con il cliente, per verificare le ragioni alla base dell’operazioni. Nell’ambito dell’autonoma valutazione del rischio di riciclaggio, l’intermediario definisce poi nel documento di policy antiriciclaggio le concrete misure di adeguata verifica rafforzata per i casi a più alto rischio”.

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