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Controlli dell’Agenzia delle Entrate sui conti correnti: cos'è l’anonimometro e chi rischia di più

3 ott 2023 | 5 min di lettura | Pubblicato da Giusy Iorlano

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Tempi difficili per gli evasori fiscali. Nei giorni in cui quasi 4 milioni di italiani hanno ricevuto le comunicazioni delle somme dovute a chi ha aderito alla Rottamazione-quater delle cartelle ecco che parte la Superanagrafe dei conti correnti messa a punto dall’Agenzia delle Entrate per scovare i ‘furbetti’ del fisco.

Vediamo come funziona questo nuovo algoritmo, che è stato soprannominato anonimometro, e chi rischia di più.

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Cos’è l’anonimometro

Non si tratta di uno strumento nuovo, anzi, risale addirittura al 2011 quando era stato previsto dal decreto Salva Italia del governo Monti per mettere a punto controlli incrociati sui contribuenti tramite i loro rapporti con le banche. Era stato, poi, inserito nella Legge di Bilancio 2020, ma era rimasto in stand by per questioni legate alla privacy. L’anonimometro è stato ora messo a punto dall’Agenzia di Ernesto Maria Ruffini e si tratta di una vera  anagrafe dei conti correnti, una enorme banca dati contenente tutti i rapporti tra istituti di credito e clienti e tra le banche stesse. Le prime verifiche riguarderanno il 2017 e saranno anonime. Ecco perché questo strumento è stato ribattezzato proprio con questo nome molto particolare.

Come funziona?

Nello specifico l’Agenzia delle Entrate ha sviluppato, come detto, un vero e proprio algoritmo che consente di utilizzare e incrociare miliardi di dati personali dei contribuenti ma in modo, appunto, anonimo.

Come fa? Nel momento in cui vengono usate le informazioni dell’archivio queste vengono pseudonimizzati cioè sostituite con “codici fittizi” che, nel corso del trattamento dei dati fiscali non potranno mai essere associati a una determinata persona, se non dopo che si sia accertato un rischio fiscale. Quindi tutti i dati sensibili, come nome, cognome e codice fiscale, sono sostituiti da questi codici fittizi e nessun dato trattato può essere attribuito a un singolo cittadino senza ulteriori informazioni che, però, sono conservate separatamente.  La sicurezza della protezione dei dati personali è, insomma, garantita. Questo per chi è in regola. Alle autorità competenti finiranno, invece, tutte le informazioni che serviranno per effettuare controlli fiscali più approfonditi quando emerge il rischio di evasione fiscale, e scovare, così, gli evasori. Il processo, inoltre, spiega la stessa Agenzia “non è completamente automatizzato e la fase decisionale garantisce sempre l’intervento umano”.

A questo meccanismo il Garante della privacy ha già dato parere favorevole.

Come vengono controllati i conti correnti

Sotto la lente del fisco finiranno non solo i prelievi e i versamenti sui conti correnti, ma anche il “numero di accessi alle cassette di sicurezza, la frequenza dell’apertura e o della chiusura di rapporti, l’elevata numerosità di conti correnti e altre tipologie di rapporti finanziari”, spiega l’Agenzia delle Entrate che chiarisce che “le incongruenze oggettive e concrete che connotano la posizione fiscale di un contribuente, emerse nell’ambito delle analisi svolte, saranno oggetto di successivi approfondimenti a cura delle strutture locali preposte ai controlli, le quali garantiranno in ogni caso il pieno rispetto del principio del contraddittorio”.

In particolare, saranno venti le categorie di imprese che dovranno comunicarle periodicamente le operazioni effettuate dai contribuenti. Tra queste: Poste Italiane Spa; le banche; i fondi di investimento e tutti gli organismi di investimento collettivo; le società di gestione del risparmio; le fiduciarie; gli enti di assicurazione finanziaria; le imprese di investimento e consorzi o cooperative incentrate sulla garanzia dei fidi.

Il conto corrente

Sappiamo bene che il conto corrente bancario, è uno strumento utilizzato ormai quotidianamente per compiere qualsiasi tipo di transazione, dalle più semplici, come il pagamento con carta di debito per fare shopping a quelle più complesse come, ad esempio, l'acquisto di azioni in borsa.

Ecco che, dunque, il conto corrente diventa uno strumento di fondamentale importante per l'Agenzia delle Entrate. Su di esso, infatti, transitano sia le operazioni quotidiane che le entrate derivanti da reddito di lavoro dipendente, autonomo ma anche il frutto di investimenti mobiliari, immobiliari o societari.

Dunque, partendo da questi dati di base e confrontandoli con quanto dichiarato al Fisco sarà semplice rilevare, se dovessero emergere delle incongruenze, eventuali evasioni fiscali.

Le dieci fasi

Nello specifico, il processo di analisi messo a punto dall’Agenzia delle Entrate prevede dieci fasi che vanno dall’individuazione della platea di riferimento alla definizione del criterio di rischio e scelta del modello di analisi all’identificazione dei soggetti passando per la predisposizione delle liste selettive, ha spiegato l’Agenzia delle Entrate nella sua “Informativa sulla logica sottostante i modelli di analisi del rischio basati sui dati dell’archivio dei rapporti finanziari”.

Il processo di incrocio dei dati può avvenire in due modi. A spiegarlo è la stessa Agenzia sottolineando che si può o partire dai dati finanziari e dei conti correnti per poi confrontarli con quelli delle banche dati del Fisco o, al contrario, si può partire da una platea di titolari di partita Iva “che operano in uno specifico settore economico e dichiarano ricavi o compensi inverosimili per la categoria di appartenenza” e poi verificare i movimenti sui conti correnti. “La variabile predittiva sarà associata esclusivamente ai soggetti per i quali è già stato deterministicamente individuato un rischio fiscale e non vincolerà in alcun modo il personale addetto alle strutture di controllo”, spiegano dall’Agenzia delle entrate.

L’analisi del rischio fiscale, spiega l’informativa sulla logica degli algoritmi, consente di privilegiare la prevenzione rispetto alla repressione, “circoscrivendo i controlli nei confronti di soggetti” a più elevata pericolosità tributaria e “con minore impatto su cittadini e imprese anche in termini di oneri amministrativi”.

Quali le possibili sanzioni

A seconda delle "evasioni" scoperte i ‘furbetti’ fiscali rischiano sanzioni più o meno pesanti, pecuniarie ma anche penali.

Si va dall’omessa dichiarazione di imposta diretta per cui la sanzione parte da un minimo di 258 euro ed è calcolata dal 120 al 240% delle imposte non dichiarate, passando per la dichiarazione infedele che è invece sanzionata col versamento dal 100 al 200% della massima imposta non pagata, fino ad arrivare al vero e proprio reato fiscale quando viene scoperta una dichiarazione fraudolenta o la falsificazione delle dichiarazioni dei redditi o dell'Iva.

Autore
foto Giusy Iorlano

Giusy Iorlano è giornalista professionista. Laureata presso la Luiss Guido Carli di Roma.

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