16 nov 2016 | 5 min di lettura | Pubblicato da Raffaele D.
Domenica 4 dicembre 2016, dalle ore 7 alle 23, gli italiani saranno chiamati a votare un referendum costituzionale per dire Sì o No alla riforma della Costituzione della Repubblica Italiana approvata dal Parlamento lo scorso 12 aprile e pubblicata tre giorni dopo nella Gazzetta Ufficiale n. 88. La riforma, denominata Renzi-Boschi dai nomi dei suoi promotori, si prefigge il superamento dell'attuale sistema di bicameralismo perfetto, con il Senato destinato a diventare organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 non prevede un quorum di validità, essendo di tipo confermativo e non abrogativo. L'esito referendario sarà dunque valido indipendentemente dalla percentuale di partecipazione degli elettori. Lo scrutinio avrà inizio subito dopo la chiusura della votazione e l'accertamento del numero dei votanti.
Vediamo nel dettaglio cosa prevedono i 5 punti fondamentali di questa riforma che vuole cambiare l'assetto istituzionale del nostro Paese.
Attualmente l’assetto istituzionale dello Stato italiano è caratterizzato dal bicameralismo perfetto, o paritario: ciò vuol dire che tutte le leggi devono essere approvate da entrambi i rami del Parlamento, stessa cosa per la fiducia al Governo. Con la riforma, invece, la Camera dei Deputati diventerà l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto e l’unica assemblea chiamata ad approvare le leggi ordinarie e di bilancio e ad accordare la fiducia al Governo.
E il Senato che fine farà? Sarà trasformato in Senato delle Regioni e cambierà completamente funzione diventando un organo rappresentativo delle autonomie regionali. Il numero dei senatori scenderà dagli attuali 315 a 100, eletti non più direttamente dai cittadini: 95 di loro saranno infatti scelti dai consigli regionali, che nomineranno con metodo proporzionale 21 sindaci e 74 consiglieri regionali, e resteranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori locali. I rimanenti 5 senatori saranno nominati invece dal Presidente della Repubblica e rimarranno in carica sette anni. Non ci saranno più senatori a vita (ad eccezione degli ex Presidenti della repubblica): quelli attuali resteranno in carica ma non saranno sostituiti.
Per quanto riguarda le sue funzioni, il nuovo Senato delle Regioni sarà principalmente chiamato a esercitare una funzione di raccordo tra lo Stato, le regioni e i comuni. Potrà inoltre esprimere pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e proporre modifiche entro trenta giorni dall'approvazione della legge, ma la Camera potrà anche non accogliere tali emendamenti. In ogni caso il Senato continuerà a votare paritariamente alla Camera per alcuni tipi di leggi e i senatori continueranno a partecipare anche all’elezione del Presidente della Repubblica, dei componenti del CSM e dei giudici della Corte costituzionale. Infine i senatori non saranno più pagati dal Senato stesso, ma percepiranno solo lo stipendio da amministratori.
Se passerà la riforma il Presidente della Repubblica verrà eletto soltanto dal Parlamento in seduta comune e non più anche dai delegati regionali. Cambierà anche la maggioranza necessaria per l'elezione del Presidente: mentre prima, dalla quarta votazione in poi, era sufficiente la maggioranza assoluta dopo i due terzi richiesti per le prime tre votazioni, con la nuova legge dal quarto scrutinio verrà richiesta la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea e dal settimo dei tre quinti dei votanti.
Per quanto riguarda invece l'elezione dei giudici della Corte costituzionale, i cinque (sul totale di quindici) di nomina parlamentare saranno eletti separatamente dalla Camera e dal Senato, che ne eleggeranno rispettivamente tre e due, e non più dal Parlamento in seduta comune.
Importanti novità anche a proposito di referendum e leggi d'iniziativa popolare. Per esempio il quorum che rende valido il risultato di un referendum abrogativo sarà sempre del 50% più uno degli aventi diritto al voto, ma tale quota potrà abbassarsi se a proporre la consultazione saranno 800 mila cittadini invece che i soliti 500 mila: in questo caso per rendere valido il referendum sarà sufficiente che si rechi a votare il 50% più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche.
Poi, per proporre una legge d’iniziativa popolare non basteranno più 50 mila firme ma ne serviranno 150 mila, e le leggi elettorali, comprese quelle regionali, dovranno promuovere l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Infine è prevista l'introduzione di referendum popolari propositivi e d'indirizzo.
La riforma Renzi-Boschi prevede anche l'abolizione del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro. Attualmente il CNEL, organo del Governo, delle Camere e delle Regioni previsto dall'articolo 99 della Costituzione, è composto da un presidente e 64 consiglieri e ha una funzione consultiva per quanto riguarda le leggi sull’economia e il lavoro. La Costituzione conferisce al CNEL anche l’iniziativa legislativa, limitatamente alle materie di propria competenza. Secondo alcune stime la soppressione porterebbe a un risparmio di circa 30 milioni di euro.
Proposte di modifica rilevanti riguardano anche il Titolo V della Costituzione, relativo al rapporto fra lo Stato e gli enti locali. La nuova riforma prevede infatti che una ventina di materie tornino alla competenza esclusiva dello Stato. Tra queste ci sono l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, le politiche per l’occupazione, la sicurezza sul lavoro, l'ordinamento delle professioni, la produzione e la distribuzione dell’energia,. È prevista inoltre la rimozione dalla Carta costituzionale di ogni riferimento alle province, eccetto quelle autonome di Trento e Bolzano.
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