6 dic 2019 | 4 min di lettura | Pubblicato da Giorgia N.
Anche le bollette vanno in prescrizione, incluse quelle delle utenze di telefonia e Adsl.
Esiste infatti un termine fissato dalla legge entro il quale le compagnie possono richiedere il pagamento del servizio.
Se in questo intervallo di tempo la società non invia solleciti e richieste, non potrà più pretendere il denaro, perché il debito è considerato “scaduto”.
Le bollette di telefono e Adsl si considerano prescritte dopo 5 anni dall’invio, come stabilisce l’articolo 2948 del Codice civile, che fissa una regola valida in generale per “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. Il termine di prescrizione si calcola a partire dalla data di scadenza della bolletta (e non dal periodo fatturato), e il dato è riportato sia in fattura che sul bollettino di pagamento. Una volta trascorsi i 5 anni, ogni eventuale sollecito o richiesta di pagamento è da considerarsi priva di valore, e non fa differenza se l’utente, a suo tempo, aveva onorato il suo debito o se non aveva saldato la fattura, l’azienda non ha più nulla da pretendere.
Occhio però: anche se l’utente non è tenuto a versare la somma indicata, deve comunque contestare formalmente la richiesta.
La prima cosa da fare è accertarsi che i 5 anni siano effettivamente trascorsi, controllando la scadenza della bolletta. Se non si possiede più il documento si può chiedere al gestore di inviare una copia. Verificato che il tempo è effettivamente “scaduto”, il titolare dell’utenza deve inviare una comunicazione in cui contesta la richiesta per iscritto. In questi casi è sufficiente scrivere una lettera alla compagnia telefonica e alla società di recupero crediti, rilevando che il pagamento non può essere richiesto in quanto la scadenza del pagamento risale a più di 5 anni prima, indicando date e riferimenti di legge (nel caso di telefono e Adsl, l’articolo 2948 del Codice civile).
Va usato naturalmente uno strumento tracciabile, ossia una raccomandata o un messaggio di posta elettronica certificata. Anche se la bolletta è stata pagata, non è necessario recuperare la ricevuta del pagamento, perché la prescrizione è sufficiente ad annullare il valore della richiesta e a liberare l’utente da ogni responsabilità.
Se l’azienda o la società di recupero crediti insistono nel pretendere il pagamento, prima di rivolgersi a un giudice è necessario avviare una procedura di conciliazione davanti al Comitato Regionale per le Comunicazioni (Co.Re.Com) competente per territorio, che agisce su delega di funzioni dell'Autorità, oppure rivolgendosi a uno degli organismi di conciliazione paritetica costituiti dagli operatori di telefonia con le associazioni di consumatori.
In alternativa l’utente può attivare la procedura tramite ConciliaWeb, la piattaforma dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la risoluzione online delle controversie tra utenti e operatori di telefonia, Internet e Pay Tv. Quale sia la strada scelta, fino a che la questione non sarà chiusa il consumatore non dovrà pagare la bolletta: se lo fa perderà il diritto alla prescrizione e non potrà chiedere la restituzione di quanto versato, anche se gli sarà riconosciuta la ragione.
Naturalmente, se nell’arco dei cinque anni il gestore di telefonia e Adsl invia un sollecito di pagamento, la prescrizione si interrompe. La richiesta deve però arrivare in forma scritta, via raccomandata, posta elettronica certificata, fax o telegramma. La lettera spedita via posta non ha valore, così come non lo hanno le email, le telefonate o gli sms delle società di recupero crediti. L’azienda creditrice deve infatti poter dimostrare di avere inviato la comunicazione, e che questa è stata ricevuta. Se la lettera rispetta questi e altri requisiti (deve contenere nome e cognome del debitore e dell’azienda creditrice, nonché l’indicazione dell’importo e gli estremi della fattura non pagata) la prescrizione si interrompe e il calcolo dei cinque anni riparte dalla data del sollecito.
Come mettersi al riparo da eventuali richieste per bollette non pagate? Anche se la legge non obbliga gli intestatari di utenze domestiche a conservare le ricevute dei pagamenti (fatta eccezione per i professionisti e le imprese che portano in detrazione le spese legate all’esercizio delle attività), è necessario conservare i documenti per almeno cinque anni a partire dalla scadenza. Chi non possiede le ricevute di versamento o di pagamento rischia infatti di non potere contestare un’eventuale richiesta arrivata prima del termine di prescrizione. È considerata una prova valida anche la distinta del bonifico e del pagamento online, e, in caso di domiciliazione bancaria e addebito automatico, l’estratto conto in cui è contabilizzata l’uscita.
Pugliese trapiantata in Emilia, giornalista professionista dal 2005, laurea in filologia romanza e master in giornalismo all’Università di Bologna.
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