29 set 2014 | 2 min di lettura | Pubblicato da Daniela D.
Dopo il via libera fornito dalla commissione lavoro del Senato, il decreto delega sul lavoro è approdato a Palazzo Madama, all’esame dell’Assemblea. Una pioggia di emendamenti, 689, ha aperto la battaglia sui punti cruciali.
La questione senza dubbio più discussa riguarda il noto articolo 18, che nelle intenzioni del governo non dovrebbe più essere applicato per i neo assunti, sostituito da un sistema a tutele crescenti strettamente dipendenti dall’anzianità di servizio. Non è stato ancora definito il limite temporale entro il quale un lavoratore arriverebbe ad ottenere le stesse garanzie di un contratto a tempo indeterminato tradizionale. Si parla di tre anni, ma si resta in attesa dell’eventuale approvazione degli emendamenti in materia. Resta garantito per tutti il reintegro in caso di licenziamento discriminatorio. In discussione nuovi indennizzi specifici riservati ai neo assunti, per sopperire in qualche modo al deficit di tutele preannunciato.
Sulla tutela dei lavoratori è bufera sia all’interno del PD, sia al confronto con i partiti, ed è guerra aperta con i sindacati. Il segretario generale della CGIL Susanna Camusso, intervenendo all’assemblea nazionale della FIOM, ha minacciato lo sciopero generale.
Il contratto a tutele crescenti, nelle intenzioni della riforma, dovrebbe diventare la principale forma di inserimento nel mondo del lavoro, andando a sostituire altre tipologie contrattuali al vaglio del governo in vista di una decisiva semplificazione in materia.
Tra i temi in discussione vanno citati anche l’innalzamento dei limiti di reddito consentito per i lavoratori occasionali, le tutele per la maternità estese a tutte le lavoratrici e la possibilità di cedere ai colleghi in difficoltà giornate di permesso retribuito. Sono inoltre in esame una revisione alla disciplina delle mansioni e una maggiore apertura sui controlli a distanza, nell’interesse dell’impresa e nei limiti della privacy.
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