
Turismo 2020 in Italia: meno viaggi e più automobili
Nel 2020, a causa dell'emergenza pandemica, i...
Fino al 6 Aprile, il martedì dopo Pasqua, le regole anti-Covid previste dal Governo non permettono di fare i turisti in Italia. Infatti, con l'eliminazione delle zone gialle (dove gli spostamenti erano piuttosto liberi), ci sono notevoli limiti: in quelle arancioni non si può uscire dal proprio Comune (o da un'area con un raggio di 30 km nel caso di centri sotto i 5.000 abitanti) e in quelle rosse ci sono restrizioni ancora più rigide.
Però c'è un'eccezione:
E' consentito spostarsi per motivi legati al turismo quando la meta è compresa in una lista di Paesi stranieri (sempre che questi lo consentano).
Quindi (salvo contrordini normativi) chi è pronto per lasciarsi l'Italia alle spalle (in stile vacanziero) può percorrere, senza rischiare multe e sanzioni, il tragitto tra l'abitazione e gli aeroporti in cui deve imbarcarsi, anche se sono fuori dal suo Comune o dalla sua Regione. Ovviamente gli operatori turistici italiani stanno protestando. Federalberghi, per esempio, chiede polemicamente al Governo come sia possibile autorizzare i viaggi oltre confine e invece impedire quelli in Italia. C'è da dire che anche altrove nell'UE ci sono state proteste per gli stessi motivi: per esempio in Germania, dalla quale sono già partiti molti voli di turisti diretti in Spagna.
Il Ministero dell’Interno italiano nei giorni scorsi ha risposto a un quesito posto da Astoi Confindustria Viaggi, l’associazione imprenditoriale dei tour operator. E ha chiarito che si può andare liberamente in un Paese delle aree UE e Schengen (quest'ultima comprende 26 Stati europei che hanno abolito i controlli sulle persone alle loro frontiere comuni; alcuni, come Svizzera o Norvegia, non fanno parte dell'Unione).
Dunque è consentito recarsi - effettuando un tampone nelle 48 ore precedenti la partenza (ovviamente deve risultare negativo) - nei seguenti Paesi (inclusi nell’elenco C del DPCM 2 marzo 2021): Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca (comprese Fær Øer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (inclusi Guadalupa, Martinica, Guyana, Riunione, Mayotte ed esclusi altri territori fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi i territori situati al di fuori del nostro continente), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna (comprese le sue enclave africane), Svezia, Ungheria, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Andorra, Principato di Monaco.
A seconda del luogo in cui si va, occorre prima di tutto controllare quali siano le procedure d'ingresso stabilite da ciascun Stato e quelle previste quando si torna. Queste ultime già prescrivevano: auto-dichiarazione, obbligo di informare del rientro l’Asl competente, test molecolare o antigenico con risultato negativo nelle 48 ore antecedenti l'ingresso in Italia. Chi non effettua il test, al ritorno viene costretto all'isolamento fiduciario e alla sorveglianza sanitaria.
Per rispondere alle ultime proteste e obiezioni, il 30 Marzo il Ministero della Sanità ha aggiunto ulteriori misure con un’ordinanza: previsti - per chi arriva o rientra dai Paesi dell’Unione Europea o Schengen - anche un ulteriore tampone all’arrivo, cinque giorni di quarantena e un successivo tampone a fine quarantena. Non resta che decidere, valutando se vale la pena di recarsi una zona in cui magari il lockdown è più stretto rispetto a quello che ci tocca in Italia o in cui si rischia più facilmente il contagio.
Intanto sul fronte turistico, in vista dei prossimi mesi e dell'estate, è in via di lancio il certificato verde digitale. Il responsabile del gruppo operativo UE per i vaccini, Thierry Breton, ha annunciato che potrebbe partire nei primi 15 giorni di Giugno. Poi i vari Stati dovranno decidere se considerarlo valido per circolare all'interno dei loro territori. Si baserà su una piattaforma digitale unica a livello dell'Unione e su un sistema uguale per tutti nella gestione.
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